Acqua.

Acqua di rubinetto: un'indagine di Greenpeace del settembre 2000 ha denunciato che i campioni di acqua raccolti in 70 citta' italiane fanno registrare limiti di composti alogenati superiori alla soglia prevista per legge.

Nemmeno le acque minerali vendute in bottiglia (il 70-80% dell'acqua bevuta dagli italiani) danno, purtroppo nemmeno all'origine, garanzie di massima qualita'.

Controllando le acque minerali e le bevande a base di acqua minerale, si registrano infrazioni dal 20 al 30 per cento dei controlli NAS. Non e' dunque raro che le acque minerali contengano piu' contaminanti del lecito (possono esserci troppo piombo o tracce di nitrati tali da renderne sconsigliabile il consumo per donne in gravidanza e lattanti).

L'UE nell'ottobre '99 ha rimproverato l'Italia per avere le acque minerali in bottiglia piu' inquinate d'Europa. Il Corriere della sera ha pubblicato nel febbraio 2000 un'inchiesta confermando che i valori di inquinanti sono intollerabilmente alti. Bisogna optare per le acque minerali imbottigliate da sorgenti d'alta quota.

Ma il pericolo maggiore non e' alla fonte, ma nell'imbottigliamento: le bottiglie di plastica rilasciano lentamente nell'acqua contenuta sostanze tossiche. Ideali, dunque, le acque nelle bottiglie di vetro. Se di plastica, verificare che la data dell'imbottigliamento (sempre indicata, sull'etichetta, da quei piccoli taglietti) non sia molto indietro nel tempo. O, viceversa, che la data di scadenza sia piu' lontana possibile.

Additivi.

Per capire le reali dimensioni della questione, pensate che chi mangia "normalmente" introduce ogni anno nel suo intestino piu' di 12 chilogrammi di additivi chimici e conservanti.

Gli additivi sono sostanze (naturali e sintetiche) che "si aggiungono intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico" (DM 27/2/1996 n.209) per favorirne la conservazione o per renderli piu' appetibili, "migliorandone" aspetto, sapore, odore e consistenza. Le abbreviazioni stabilite dalla CEE, i c.d. "codici E", sono incomprensibili al consumatore.

Da E102 a E160 sono denominati i coloranti. Diffidare di TUTTI I COLORANTI SINTETICI.

Per poter decifrare queste sigle, e' disponibile una tabella ESCLUSIVA in PDF.

Domanda - se vi sono perpetue ed ineliminabili incertezze sui risvolti sanitari dell'uso di coloranti, visto che non hanno potere nutritivo, visto che devono essere sperimentati sui poveri animali vivisezionati e poi comunque non si sa se fanno male o no (i topi assorbono il 47,4% del giallo E110 e poi stanno male, noi no), se si devono spendere miliardi per sperimentare nuovi coloranti sempre piu' complessi che non vengano assorbiti ma espulsi... perche' non vietarli del tutto?

Connessi agli additivi e alla preparazione industriale dei cibi ci sono 5 possibili tipi di inquinamento degli alimenti.

CONSERVANTI. Una lista nera tale da indurci quasi a consigliare di evitare il piu' possibile ogni cibo che ne contiene.

L'acido benzoico con i suoi sali, presenti in bevande alcooliche e analcooliche, e gelatine con le sigle E210-213 si puo' usare, con un po' di cloro e qualche rimaneggiamento, come pesticida, ma il suo uso ha gravi effetti sull'ambiente. I benzoati (si trovano per esempio nelle bibite frizzanti a base di succo d'arancia o di frutta) sono fortissimamente allergizzanti.

L'anidride solforosa, pericolosa perche' reagisce con l'acqua per formare un acido, e' responsabile della distruzione di vitamine non solo nel cibo ma anche nell'organismo che l'assume. Eppure viene usata (E220) con altri solfiti (E221-228) come conservante: quantita' record nella "burger meat" (carne di hamburger), ma se ne trova in abbondanza anche nei crostacei crudi, nella gelatina di frutta (pectina - che tra l'altro e' imputata anche di effetti nocivi sulle difese non-specifiche del corpo, su muscoli e cartilagini), nella senape di Digione (molto meno nelle altre) e nel succo di limone confezionato per condimento. Si trova perfino nell'aceto di vino, che da 5000 anni ci accompagna a tavola, quando non e' sostituito industrialmente dall'essenza di aceto, acido acetico sintetico puro (E260-263), diluito con acqua (tra 15 e 25 g/100g), poco costoso ma molto corrosivo. Per un miglior dosaggio dovrebbe essere ulteriormente diluito: controllate la concentrazione sull'etichetta .

Per quanto concerne gli antimicotici spruzzati su agrumi e banane (vedi oltre), nitrati e nitriti dei salumi etc. etc. la nostra censura e' totale.

ANTIOSSIDANTI. Percio' i produttori farebbero meglio a seguire l'esempio de i migliori preparatori di rimedi omeopatici, i quali usano come antiossidante il tocoferolo naturale, E306, la vitamina E, che si ottiene dall'olio di oliva! Invece spesso usano antiossidanti chimici. Alla larga da tutti i prodotti contenenti E320 (butilidrossianisolo) e E321 (butilidrossitoluene)! Si nutrono serissimi dubbi sulla loro innocuita', potrebbero essere causa di gravi disturbi epatici. Come difendersi da questa invasione chimica? In attesa di una utopistica legge a difesa del consumatore (eliminazione di un gran numero di additivi, coloranti, aromatizzanti, dolcificanti, coadiuvanti tecnologici) applicata sotto il controllo degli organi di vigilanza, non ci resta che controllare l'etichetta di ogni confezione e acquistare solo i prodotti che non hanno additivi, o ne contengono nella minor misura possibile, scartando subito quei cibi con additivi nocivi. La soluzione e' sicuramente data dall'acquisto di alimenti provenienti da produzioni biologiche.

AROMI. Come si traduce, in italiano, "aromes artificiels", "Kunstaromen", "artificial flavour"? Si traduce con "aromi naturali", per la nostra legge!

Una norma del 1973 consentiva "l'impiego di sostanze aromatizzanti naturali... e costituenti di sostanze aromatizzanti, estratti, isolati dalle medesime o riprodotti per sintesi chimica". Ora, grazie al D.lgs. 25/1/1992, n.107, sono chiamati "naturali" anche gli aromi "estratti con solventi" e ogni sostanza ottenuta "per sintesi chimica" anche "NON identica chimicamente a una sostanza naturalmente presente". Di bene in meglio.

Trattiamo qui di pesticidi, poiche' noi intendiamo parlare ora di tutte le sostanze contaminanti che possiamo trovare nel cibo. Che poi siano residui "intenzionali" o no, poco importa ai nostri stomaci.

PESTICIDI. Forse non e' abbastanza chiara l'urgenza di volgersi verso l'agricoltura biologica, allontanandosi dai fitofarmaci. Il quadro, attualmente, e' questo: - 35 tipi di pesticidi, cancerogeni secondo l'EPA (attivissima Agenzia federale USA per la Protezione dell'Ambiente) e vietati in America sono regolarmente in commercio in Italia e usati tranquillamente. Tra di essi, il tremendo tiofanato-metile (contenuto nell'Enovit Metil usato in frutticoltura, viticoltura e vivaistica), la molecola-killer aldrin e la celeberrima (o famigerata?) atrazina. - 36 principi attivi di prodotti chimici da giardino, tra i pesticidi "consentiti", sono "pericolosi per animali (e uomini)", "pericolosi per uccelli, pesci", "api, insetti", persistono lungamente nell'ambiente (ricordate il DDT - diclorodifeniltricloroetano? e' ancora in circolo nella catena alimentare: ce lo stiamo ancora mangiando), vengono segnalati da Soil Association e dalla London Food Commission come cancerogeni, teratogeni, mutageni; cosi' come 7 prodotti contro gli afidi (impiegati in orto-floricoltura, frutticoltura e agrumicoltura); cosi' come 7 anticrittogamici (fungicidi spruzzati su fiori, frutta, vigneti) oltre al terribile captano, che ha una molecola simile al Talidomide; cosi' come gli insetticidi che, oltre agli insetti indesiderati, distruggono anche quelli importanti per la buona salute del terreno e insetti antagonisti di quelli dannosi. Gli agenti assassini si chiamano Weed B Gon, 2,4D e 2,4,5TP, silvex, pentaclorofenolo, diossine e furani.

State lontani poi da insetticidi il cui principio attivo sia il methiocarb o il methil-paration (rischio di intossicazione I, mortale), o fenpropathrin o azocyclotin (rischio di intossicazione II, grave).

Eppure, in America, dove la legislazione e il sistema d'allerta sono piu' efficaci che qui, vi sono interi archivi di nomi di giardinieri che, usando in continuazione prodotti normalmente in commercio, si sono ammalati di soft-tissue sarcoma, leucemia, linfoma di Non-Hodgkins, con una progressione lenta ma inesorabile (il periodo di latenza puo' andare da 10 a 20 o piu' anni).

Si pensi poi che sono quasi 3.000 all'anno, solo in Italia, i casi di intossicazioni acute provocate da pesticidi, che hanno fatto "squillare" i centralini dei quattro maggiori centri antiveleni italiani: Milano, i due di Roma, Napoli. Vittime quasi sempre agricoltori o persone che vivono in ambiente agricolo, colpiti dagli effetti di diserbanti o antiparassitari. Il nome dei prodotti piu' a rischio intossicazioni sono il parasquat, il diclorfos e il timetoato.

- Tracce anche consistenti di pesticidi vietati si trovano comunque ogni tanto nelle verdure vendute al supermercato, a dimostrazione che la scarsita' di controlli consente tuttora che qualcuno usi ancora agenti chimici proibiti, dannosi, al bando da anni. I primi dati pubblicati nel gennaio 2000 di una ricerca patrocinata dal Ministero dell'Agricoltura erano alquanto allarmanti: tra il 5 e il 15% di ortaggi e frutti analizzati (5000 campioni) erano impregnati di pesticidi oltre la soglia permessa, ma soprattutto erano contaminati da pesticidi fuorilegge da vent'anni!

Nessuno sforzo tecnologico o economico (per sviluppare e lanciare un nuovo pesticida occorrono da 15 a 20 milioni di dollari) potra' mai cancellare un dato di fondo: i pesticidi sono prodotti chimici destinati a uccidere, e anche se oggi sono piu' selettivi di un tempo, il loro impiego continua a provocare danni all'ambiente (inquinamento delle acque di superficie e delle falde, danni alla flora e alla fauna) e alla salute degli esseri viventi.

Ed e' una colossale menzogna che le piante transgeniche ne ridurranno l'uso, anzi: il 70% delle piante dell'orto di Frankenstein coltivate in America (e la percentuale e' analoga nei 300 campi sperimentali italiani) sono state modificate geneticamente per poter resistere a dosi quintuple di diserbanti e antiparassitari, che cosi' potranno essere spruzzati con meno cautele e, cosa assai piu' grave, a minor distanza di tempo dalla raccolta e dal consumo. Consigli: rotazione vorticosa della scelta. Variare spesso le marche dei prodotti confezionati, non affezionarsi a nessuna, in modo da diminuire la probabilita' di incappare in prodotti contaminati persistendo poi nel loro consumo. Variare spesso anche supermarket. Lavaggio. Lavare e rilavare accuratamente verdura e frutta, lasciandola anche in ammollo in bicarbonato; sbucciare i vegetali fino a 6-8 millimetri di polpa (a tanto possono penetrare i veleni, pesticidi, anticrittogamici e funghicidi). Il College of Agriculture dell'Universita' dell'Arizona dice: "Se siete preoccupati per gli additivi che si insinuano nella vostra dieta, potrete evitarne una buona parte mangiando cibi non preparati industrialmente... Per minimizzare le accidentali contaminazioni nel cibo, potrete: 1. risciacquare e pulire sfregando forte frutta fresca e ortaggi; 2. eliminare le foglie esterne dei vegetali fronzuti; 3. togliere la pelle e il grasso da carne, pesce e pollame; 4. scartare il 'sughetto' e il grasso rilasciati nella cottura di carne, pesce e pollame, poiche' molti contaminanti del cibo si disciolgono nel grasso".

Ma il consiglio dei consigli e': scegliere prodotti biologici, esenti, per natura, da tutti i veneficii!

Allergie.

L'inquinamento ambientale e la sofisticazione industriale dei cibi sono causa di allergie e intolleranze alimentari, fenomeni in notevole crescita, infatti, soprattutto nelle regioni industrializzate. Causa scatenante di intolleranze, covate da contatti ambientali e alimentari con complessi contaminanti, puo' essere qualsiasi fenomeno irritativo intestinale; ma anche trattamenti protratti con farmaci cortisonici o ripetuti trattamenti antibiotici possono determinare l'"allargamento" delle griglie di difesa situate nella mucosa intestinale. Gli stress gravi, emotivi o fisici, possono determinare lo stesso tipo di sensibilizzazione.

L'inquinamento, indebolendo il sistema immunitario, ci rende meno difesi contro le patologie e piu' esposti ad allergie e intolleranze; e attenzione, perche' le allergie e le intolleranze, consistendo in reazioni immunitarie, determinano un ulteriore indebolimento del sistema immunitario stesso (che rimane "sguarnito") e l'immissione in circolo di sostanze dannose, e cosi' via, in un circolo senza fine che si autoalimenta, e tende a peggiorare nel tempo.

E' certo che vi siano fenomeni di ipersensibilita' alla base di riniti, asma, congiuntiviti, dermatiti e dermatosi, cefalee ed emicranie, eczemi, poliposi nasali ed alcuni disturbi del comportamento infantile.

Ma e' altamente probabile che vi siano relazioni anche con l'artrite reumatoide, il diabete, l'epilessia, la colite ulcerativa, con le coliche del lattante, le malattie autoimmuni, le epatopatie croniche, la stanchezza cronica e la psoriasi. Per aiutare il riequilibrio delle persone malate, e' opportuno integrare le terapie sul piano dietetico-immunologico, previo esame specialistico - il migliore in questo senso e' il "test DRIA", che individua, senza estenuanti diete di eliminazione, le eventuali intolleranze anche ad acido ascorbico, acido acetilsalicilico, E211 (sodio benzoato), E102 (tartrazina), E218 (un antimicrobico), solfato di nichel, metabisolfito, lattosio ed eritrosina. Approfondisci: Pessime notizie per chi ha allergie e/o intolleranze. - Pericolo! Cavie umane!

Bio.

Sono i prodotti piu' raccomandabili e piu' sicuri. Gli alimenti naturali, biologici, biodinamici (verdura, latte, uova), si distinguono per il modo di produzione rispettoso della natura, senza trattamenti chimici, velenosi, tossico-nocivi, durante tutto il ciclo di produzione, dalla nascita alla conservazione fino alla distribuzione.

Il metodo di produzione biologico e' normato dal Regolamento CEE n.2092/91 del Consiglio 24/6/1991. Il buon cibo cosi' prodotto si chiama: BIOLOGICO. In Italia, le norme per attuare tutte le disposizioni europee si trovano nel D.lgs. 17/3/1995 n.220. Al momento, in alcuni casi i prodotti - ottimi - costano un po' di piu' dei corrispondenti industriali, e spesso la frutta ha un aspetto diverso, piu' rustico e genuino. Cio' si deve al maggior impegno profuso dai produttori per liberare la terra dalla schiavitu' della chimica, per garantire l'elevata qualita' dei loro prodotti, e alle difficolta' di un circuito distributivo ancora limitato. Ma sono eccellenti. Per certificare che il prodotto in vendita sia effettivamente biologico, esistono alcuni consorzi ed organismi indipendenti che effettuano controlli il ciclo di produzione. Cosa e' il metodo di produzione "integrato"?

PRODOTTI TIPICI, CULTURE DA PROTEGGERE Le stesse leggi sanitarie che consentono, fra mille scappatoie e lacune nei controlli, l'immissione sul mercato di centinaia di schifezze, vorrebbero poi vietare la produzione artigianale di prodotti genuini, specialita' regionali e locali, preparati secondo una tradizione a volte secolare. Questa assurda foga punitiva e' rafforzata dalle indicazioni provenienti dalla Unione Europea. L'Italia potrebbe cosi' essere depauperata di una straordinaria ricchezza culturale, unica al mondo. GAIA - ANIMALI & AMBIENTE dissente recisamente da questo ottuso indirizzo normativo. Il consiglio che diamo e' quello non solamente di fidarsi dei prelibati prodotti tipici, preparati da artigiani e contadini con rispetto e amore della tradizione e della natura, col ripudio d'ogni procedimento chimico, con un'antica sapienza che si tramanda di padre in figlio in zone rurali, uniche, da proteggere; ma addirittura di incoraggiarli, recandosi di persona presso i piccoli produttori, nei ristorantini, approfittando d'una gita in campagna, sperimentando la differenza tra gli aromi e i sapori genuini e quelli sintetici e cellophanati . Valorizziamo i prodotti tipici! Nessuna epidemia, nessuno scandalo, nessun crack sanitario sara' mai causato da questi cultori dell'arte culinaria. Anzi, grazie a loro saremo sempre sicuri di poter addentare qualcosa di buono, sano e naturale.

Carne da allevamenti intensivi.

Sembrera' un consiglio rivoluzionario, ma certo va alla radice del problema: evitare ogni prodotto proveniente da allevamenti intensivi. "Allevamenti intensivi" sono i capannoni industriali, nati negli anni Sessanta, in cui sono rinchiusi decine, centinaia, migliaia di animali (in America ci sono feedlots con dentro 100.000 e piu' capi di bestiame) in condizioni infernali, privati di liberta' di movimento, dell'aria e della luce del sole, rinchiusi in gabbie, costretti ad alimentazione forzata, immunodepressi. Le condizioni di vita degli animali, tali da suscitare pieta', sono oggetto di continue battaglie da parte delle associazioni animaliste.

La concentrazione degli animali e il regime alimentare forzato aumentano lo stress, le malattie e la pericolosita' microbica e sono la causa prima e principale della diffusione a raggiera dei veleni e dell'esplosione degli scandali alimentari ("mucca pazza", "pollo alla diossina" e vedremo quali altri).

La "modernizzazione" zootecnica ha riempito i cibi di residui di stimolatori dell'appetito, antibiotici (meta' della produzione mondiale di antibiotici e' destinata alla zootecnia), erbicidi, stimolatori della crescita, larvicidi e ormoni artificiali. Proprio l'abuso di antibiotici in zootecnia e' all'origine del fenomeno della resistenza, che da 20 anni tanto preoccupa gli scienziati e le cui percentuali in Italia sono quintuplicate dal '92 a oggi: lo sviluppo di pericolosissimi superbatteri resistenti a tutti i trattamenti farmacologici (l'ultimo, lo streptococco VISA, ha gia' ucciso 4 persone negli USA e due anziani in Scozia - e si e' gia' avuto il primo caso in Italia; in USA in un sacco di mangime per polli sono stati trovati batteri resistenti a tutti gli antibiotici!). Molte altre malattie, l'afta epizootica, l'Aids bovino (Biv), la salmonellosi, l'encefalopatia spungiforme bovina sono consustanziali all'allevamento intensivo.

Ecco a voi i metodi di allevamento di alcune specie.

MUCCHE E BOVINI. I trattamenti con ormoni d'origine animale, di sintesi, sperimentali, sicuramente non sono stati interrotti. In America i trattamenti con ormoni sono non solamente ammessi, ma incoraggiati, e continuano ad essere sperimentati: zeranolo, estradiolo, testosterone, progesterone, trenbolone acetato sono in continua sperimentazione e inoculati in vitelli, mucche e tori. Riescono a farli crescere piu' velocemente del 50%. Per questo, per fortuna, l'UE continua a tenere le proprie frontiere chiuse all'importazione di carne trattata con ormoni: l'ultimo rifiuto ufficiale data luglio 1999. Allora la ormai celebre (o famigerata?) WTO (World Trade Organization) avrebbe ordinato di "lasciare che il bando venga disatteso", e gli USA hanno chiesto miliardi in risarcimenti. Ma in Europa l'importazione di carne americana e' ancora vietata.

In Italia le condanne penali della Cassazione si susseguono, poche ma senza soluzione di continuita', mentre l'Istituto Superiore di Sanita' trova diversi corticosteroidi illegali nel latte, e 17-beta-estradiolo nel siero bovino (usato per i vaccini). D'altronde, il D.lgs. 27/1/1992 n.118 vieta, e' ovvio, la somministrazione di ormoni, ma li autorizza a scopo terapeutico e nel periodo successivo al parto, cioe': volendo, sempre.

Dell'ormone DES (Dietilstilbestrolo), che provoca cancro al seno, e' difficilissimo accertare la presenza, essendo attivo anche in dosi infime (parliamo di milionesimi di grammi). Secondo il Comitato Scientifico dell'Unione Europea, che doveva pronunciarsi a proposito del doping, anche dosi infinitesimali di queste sostanze usate dagli allevatori danneggiano la salute umana, innescando tumori e alterando le risposte del sistema immunitario2.

Inoltre, i valori residuali di ormoni ritenuti innocui fino a dieci anni fa, sono oggi , grazie a dati scientifici piu' raffinati, considerati rischiosi per i consumatori, specialmente per i bambini in eta' pre-puberale. Le ricorrenti malattie dei bovini provocate dalle condizioni-limite in cui vivono costringono a terapie antibiotiche senza sosta. All'esame anatomo-patologico si rileva un'incidenza elevata di lesioni muscolari dovute all'uso di sostanze xenobiotiche.

La dipendenza della zootecnia dall'industria farmaceutica presenta questi riflessi negativi: - sofferenza e patologie iatrogene negli animali; - residui pericolosi negli alimenti d'origine animale; - gravi rischi epidemiologici per selezione microbica; - alterazioni del processo di depurazione con peggioramento dell'inquinante; - rischi mutageni per i principi emessi nell'ambiente.

L'Organizzazione Mondiale della Sanita' ha ripetutamente messo sotto inchiesta i residui di certi farmaci veterinari nel cibo: solo tra il '97 e il '98: abamectina, clorotetracicline e tetracicline, il famigerato clembuterolo, cipermetrina, a-cipermetrina, neomicina, ossitetraciclina, spiramicina, thiamphenical, tilmicosina, xilazina, e ancora ceftiofur, cyfluthrin, danofloxacina, di-idrostreptomicina e streptomicina, fluazuron, flumequine, moxidectina, spiramicina.

In Italia, e' matematicamente certo (lo dimostra la sproporzione tra le ricette "ufficiali" e il numero di animali: solo 4 o 5 ogni 100) che i farmaci vengono acquistati sul mercato nero per non doverne segnalare l'uso. Poi, poco prima della macellazione, viene somministrato agli animali un fortissimo diuretico che cancella le tracce delle sostanze illegali. I farmaci innescano una lunga reazione a catena di rischi igienici: nel gennaio '98 la FDA lancio' l'allarme per un'enorme quantita' di farmaci parenterali distribuiti da una societa' californiana infettati dal bacillo mortale Cereus bacteria: Soluzioni saline ipertoniche, Lactated Ringer's Solution, Calcium Gluconate 23% Solution, Dextrose Solution 50%, soluzioni elettrolitiche... Hanno luogo anche trattamenti con farmaci sperimentali.

Nei mangimi puo' esserci ogni genere di rifiuti ripugnanti: carogne di animali, scarti dell'industria di trasformazione, lettiere o escrementi animali, residui della lavorazione dello zucchero, dell'olio, paglia trattata con ammoniaca, olii esausti di motori, addirittura i reflui inquinanti delle distillerie di whisky e di gin; in Francia finivano nei mangimi le acque nere, bollite, delle puliture dei macelli e delle stalle, "condite" con gli scarti della spremitura a caldo dei resti dei macelli. Il mais, che nella dieta dei poveri bovini ha sostituito il piu' costoso fieno, fermenta nel loro colon e favorisce la proliferazione di batteri, causa di pericolose infezioni che, in Italia, costringono ogni anno decine di bambini alla dialisi per danni ai reni. Nelle citta' non dotate d'inceneritore, diventano "farine per animali" le carcasse di animali raccolti dalla Nettezza Urbana (cani e gatti randagi, topi, ratti e pantegane). Anche gli animali portati dal proprio veterinario per la "morte dolce" fanno la stessa fine: attenzione, potremmo ritrovarci Fido o Micio nella catena alimentare!

Addirittura, potrebbero essere reimmesse (con o senza il consenso dell'ASL) nel mercato dei sottoprodotti (art.5 c.1 del D.lgs suddetto) le carni e i derivati sottoposti a trattamenti vietati! Cosi', nei grassi degli animali si accumulano le diossine, pesticidi come il 4-4' DDT, DDE, DDD, EDTA e metalli pesanti come il cadmio (per colpa del quale nel '95 si e' scoperto che una fettina di cavallo su due e' fuorilegge), piombo, arsenico e cromo.

Udo Pollmer di Slow Food, organizzatissima e benemerita associazione per la difesa dei gusti sani e del piacere, ha pubblicato nel settembre 2000 una pagina esemplarmente intitolata "Mangiare escrementi":

"L'industria alimentare trasmette la pressione dei prezzi ai suoi fornitori, vale a dire agli agricoltori. Questi cercano di ammortizzare le riduzioni dei profitti attraverso risparmi con gli animali. Sicche' su questi si scarica tutta la brutalita' del mercato. La qualita' di vita delle povere bestie e' ormai subordinata alla redditivita'. In stalle anguste, ambienti privi di stimolo alcuno, gli animali sono costretti a rinunciare ai loro comportamenti innati: i maiali non possono piu' scavare ne' le galline razzolare. Il mangime rappresenta la voce piu' importante nei calcoli dell'allevatore. e' indispensabile essere creativi nella scelta delle materie prime. e' su questa strada che le mangiatoie degli agricoltori belgi hanno cominciato a riempirsi di diossina. Non mancano gli indizi che fanno pensare che, oltre che con oli esausti, il bestiame sia stato nutrito con grassi prelevati dalle vasche di sgrassaggio della rete fognaria o con il calcio residuo della depurazione di gas di combustione delle ciminiere delle fabbriche: come "farina da covata" pare che stimoli lo sviluppo dei gusci delle uova. E c'e' chi riferisce dell'utilizzo dei grassi che inondavano le strade in occasione di un incendio di magazzini. Neanche molto tempo fa i bovini venivano nutriti anche con sterco di gallina. Gli escrementi sono ricchi di urea che la microflora nel rumine degli animali trasforma in preziose proteine. Oggi questo genere di alimentazione e' vietato. Ma il motivo non e' dato tanto dalla "perversione" della misura di riciclaggio quanto dai problemi dei residui che sorgono dalla somministrazione di cibo impregnato di farmaci. Dopo il divieto dello sterco di gallina gli allevatori fecero ricorso ad altri generi di feci. Ancora nel 1980 nelle nostre riviste scientifiche si potevano leggere perizie del seguente tenore: "Valutazione dell'uso dei solidi del liquame di maiale per l'ingrasso dei bovini e qualita' della carne". Sicche' un bel giorno il legislatore dovette disporre il bando di ogni genere di escrementi dalle mangiatoie degli animali. Ma cio' riusci' solo in parte. Con grande sconcerto, qualche mese fa l'opinione pubblica tedesca e' venuta a sapere che, nonostante i divieti, le bestie vengono nutrite addirittura con i fanghi delle acque di fogna. L'azienda in questione era in possesso di una autorizzazione speciale. Presumibilmente l'autorita' competente si era dimenticata di revocare il permesso alla lucrosa attivita'. Ma gli esperti vanno oltre. Durante la macellazione, nel tratto digestivo si trova una grande quantita' di mangime, pagato a prezzo pieno ma non ancora completamente sfruttato. Alla facolta' di veterinaria di Hannover si e' provveduto a esplorare le possibilita' commerciali di tale spiacevole circostanza. Particolarmente prezioso si e' rivelato lo stomaco del maiale, paragonabile a un "foraggio energetico". Per uccidere eventuali germi patogeni gli esperti consigliano di far bollire il "contenuto dello stomaco". Per quanto disgustoso possa suonare tutto cio', nondimeno gli inventori di questi sistemi possono rivendicare per se' il ruolo di salvatori delle risorse naturali. Il dilemma e' proprio questo: se si utilizzano preziose e innocue materie prime quali cereali, patate o mais, allora gli animali si trasformano in concorrenti diretti dell'uomo per quanto riguarda l'alimentazione. Tutto cio' che viene ingerito dalle care bestie e' sottratto all'alimentazione umana e accentua il problema della fame nel mondo. Se invece diamo da mangiare a loro tutto cio' che non si adatta alla nostra dieta, aumentiamo le risorse alimentari a nostra disposizione, anche se dobbiamo fare i conti con residui e germi. L'esempio tipico e' rappresentato dalle pecore morte date in pasto ai bovini. All'osservatore non prevenuto il fatto di riempire le mangiatoie di animali erbivori con farina di carne deve apparire una bestemmia. A molti, quindi, la sindrome della mucca pazza appare come la giusta "punizione" per questa sbandata. La maggior parte degli agricoltori, invece, non riesce a capirlo: per potere sfruttare appieno il potenziale del bestiame da latte allevato, fieno, cereali e rape non bastano piu'. I bovini ad alto rendimento hanno bisogno di foraggio energetico, altrimenti le loro prestazioni rimangono al di sotto delle possibilita'. Per questo motivo, ovunque al mondo, ai bovini ad alto rendimento si da' la farina di carne. I divieti non risolvono il problema. Che fare allora con queste materie prime senza dubbio alquanto disgustose: le carcasse dei maiali macellati scartate al momento dell'ispezione veterinaria delle carni, i manzi che si sono strangolati con la loro catena, i rifiuti dei salumifici, la pappa prodotta dal "passapulcini", una macchina che schiaccia i pulcini appena sgusciati (un sistema usato negli allevamenti di galline ovaiole, per eliminare i pulcini maschi in eccesso). A cio' si aggiungono lepri schiacciate in autostrada, carcasse di animali scuoiati provenienti dagli allevamenti di animali da pelliccia, animali morti negli zoo, gatti soppressi, cani rognosi e topi da laboratorio: ma i piccoli roditori sono difficili da bruciare perche' cadono attraverso le griglie. Ovviamente il materiale piu' a rischio, come le cavie, a causa della possibile contaminazione con sostanze tossiche, e i cervelli dei bovini, per il pericolo dell'encefalopatia spongiforme, dovrebbero restare fuori da queste miscele. Ma rimane sempre materiale a sufficienza, adatto, dopo una bella riscaldata, a essere utilizzato come mangime per animali. La farina di carne e' una delle materie prime della moderna alimentazione animale, che non fa concorrenza alla dieta degli uomini. Ma forse l'aspetto piu' importante della questione non e' tanto il tipo di mangime con cui si riempiono le mangiatoie, quanto il modo in cui nella nostra societa' si trattano gli altri esseri viventi. Poiche', come dice il professor Heiner Sommer dell'Universita' di Bonn, i nostri animali domestici "sono una parte della nostra civilta'. Da millenni ci accompagnano in un'evoluzione comune. L'animale domestico merita il nostro rispetto e le nostre attenzioni, perche' vive per noi. I nostri metodi produttivi dovrebbero essere l'espressione di un atteggiamento culturale di cui non ci dobbiamo vergognare".

Pero', la sanzione (depenalizzata) per chi commercializza mangimi scadenti va da lire 600.000 a lire 3.000.000; se sono nocivi "per il bestiame... ammenda da lire 250.000 a lire 2.000.000" (art.22 l.15/2/1963, depenalizzata e aggiornata nel 1981). La Confcommercio, su impulso del DM 13/4/99, ha avviato a fine '99 una ricerca per censire gli intermediari che immettono in commercio additivi, miscele, prodotti proteici, amminoacidi e simili, tentando di ricostruire l'intero iter della fabbricazione. Speriamo. Ne vedremo delle belle.

Perfino nelle mangiatoie dei disgraziatissimi animali si annidano veleni: uno studio condotto in Europa nella primavera '98 ha rivelato che una mangiatoia su tre era contaminata da antimicrobici non dichiarati, una su quattro a concentrazioni elevatissime: clorotetraciclina (CTC) nel 15% dei casi, sulfonamidici nel 7%, penicillina nel 4%, trattamenti ionoforetici nel 3%, e tutte le concentrazioni di sulfonamidici erano sufficienti per lasciare residui tali da causare danni ai tessuti, alle mucose da contatto.

Importazione illegale di carne. Ne ha parlato con coraggioso tempismo Antonio Delitalia, dalle colonne de "Il Giornale" (16 giugno '97): "ci sono due tendenze tutte italiane di fronte a un argomento scomodo e ingombrante: chiudere un occhio e fare finta di non avere visto, o spalancarli tutti e due e denunciare situazioni che travalicano la realta'. Il problema della carne contaminata da clembuterolo e affini rischia di essere uno di questi. Scomodo perche' si parla di frode alimentare, ingombrante perche' la carne arriva nel piatto di oltre quarantacinque milioni di italiani". Il problema esiste. Lo confermano Ministero della sanita' e Istituto superiore della sanita', Associazione dei consumatori e Associazione dei produttori di carne di vitello... Il problema assai grave e' quello dell'importazione di carni clandestine, che, per evitare l'Iva, sfuggono qualunque accertamento sanitario. E dal Triveneto gli allevatori fanno sapere che il 10% della carne importata e' al clembuterolo. Dal momento che importiamo circa il 50% della carne bovina che consumiamo, il problema ha dimensioni preoccupanti. Non allarmistiche, ma preoccupanti. Dice Vincenzo Dona, segretario generale dell'Associazione consumatori che ha elevato frequenti proteste, senza pero' ottenere risultati apprezzabili: "I controlli sono inadeguati, e fanno acqua piu' di una bistecca al cortisone".

L'Europa ha imposto il marchio di qualita', pero' il governo e' inadempiente. Ma anche l'importazione, che raggiunge in alcuni settori il 50% dei consumi, va disciplinata. Per evadere l'Iva si e' creato un mercato clandestino lucrosissimo.

Ma anche nell'importazione legale il controllo e' possibile solo sulle mezzene, non sulla carne pezzata e confezionata che finisce sul banco di macelleria. Un documento ministeriale certifica l'avvenuta intossicazione collettiva di Assisi per carne al clembuterolo, la cui responsabilita', ridotta a pochi allevatori, ricade su tutti.

"Il problema esiste" diceva nel '97 il prof. Agostino Macri', responsabile del servizio veterinario dell'lstituto superiore di sanita'. E, per quanto ci riguarda, va risolto perche' riguarda la salute. Ma nulla e' stato fatto.

E non ci sono solo veleni "artificiali". Come se non bastasse, anche i c.d. "contaminanti naturali" sono un'insidia per chi mangia carne: le aflatossine (un tipo di micotossine, sostanze tossiche prodotte dalle muffe) possono contaminare i cereali destinati a diventare mangime per animali prima e durante il raccolto o per immagazzinamento e conservazione sbagliati. Quando gli animali mangiano cibo contaminato, perdono peso e diminuisce la produzione di latte; i metaboliti di queste tossine infettano i tessuti animali commestibili, e si riversano nel latte. Sono pericolose per la salute umana concentrazioni di aflatossine superiori a 20 miliardesimi di grammo nei mangimi e a 0,5 miliardesimi di grammo nel latte!

Infine, lo stress innaturale e perpetuo causa un accumulo di adrenalina che realmente avvelena la carne, la cui assunzione puo' essere nociva per l'uomo. Motivi dello stress: condizioni di vita, alimentazione forzata, interminabili trasporti di ore e giorni con carri bestiame fermi alle frontiere o nei porti senza alcun supporto vitale, niente acqua, niente riposo, niente riparo dal sole torrido o dalla pioggia. Unica speranza, la morte.

VITELLI. Il sistema per mantenere la carne pallida, rosea e delicata consiste nel tenerli in condizioni enormemente innaturali. Al terzo-quarto giorno di vita, strappati alle madri inseminate artificialmente, vengono collocati ognuno in un box largo 40 cm. e lungo un metro e mezzo. I vitelli sono legati con una catena al collo per impedire ogni movimento (la catena potra' esser tolta quando il povero essere sara' cresciuto tanto da occupare tutto il ristretto spazio del box).

Essi non vedranno mai ne' paglia ne' fieno, poiche' mangiarne potrebbe rovinare il tenue colorito delle carni. Gli studiosi, per questi poveri vitellini, parlano di stress acuto e cronico, le cui conseguenze sono immunodeficienza (i vitellini si ammalano), infezioni, necessita' di antibiotici.

Nutriti con budini semiliquidi iper-proteici che causano un'inestinguibile arsura (l'acqua e' loro assolutamente negata, per indurli a ipernutrirsi, mangiando piu' budino e piu' velocemente) e un'inarrestabile dissenteria per spingerli all'anemia al fine di sbiancare le carni; disordini digestivi e ulcere sono frequenti; sottoposti a cicli costanti di trattamenti antibiotici, dopo tredici-quindici settimane si portano al macello. Avete mai visto gli occhioni spaventati di un vitello portato al macello?

L'allevamento intensivo bovini e vitelli e' anche un rischio ecologico e biologico, oltre che sanitario.

Nota di demerito speciale per il fegato di vitello e di bovino adulto, che molti ritengono "prelibato".

CARNE TRITA. La carne trita e' soggetta ad annerimento piu' di altri "tagli" di carne. Non possiamo escludere la possibilita' che "additivi non consentiti" (come scrive la Pretura di Torino in una sentenza di condanna di un macellaio) vengano aggiunti per ritardare questo processo. Abbiamo iniziato a sospettare qualcosa di simile quando ci siamo accorti che i nostri gatti domestici, ghiotti di carne, invece annusavano con diffidenza e non assaggiavano neppure la carne trita quando si provava a offrirla loro. In piena emergenza "mucca pazza", nel febbraio scorso, venti macellai milanesi sono stati scoperti e indagati per truffa perche' colti ad addizionare il vietato acido nicotinico alle carni per evitarne l'imbrunimento. Comunque, nei supermarket, ove ormai spesso e' confezionata "in atmosfera protettiva" (CO2), e' piu' difficile che quest'eventualita' si verifichi.

RAGU' Sfuggono all'etichettatura i conservanti e gli additivi di cui e' impregnata la "carne secca per minestre" e la "carne secca per preparati di minestre o salse". I piu' pericolosi sono i gallati di propile (E310), di ottile (E 311), dodecile (E 312), eritorbati...

MUCCA PAZZA. Rimandiamo a un prossimo lavoro per una cronologia e una disamina del fenomeno. Per ora annotiamo che l'interesse dell'opinione pubblica e degli scienziati per le malattie causate dai "prioni", specie del tipo di Creutzfeldt-Jakob (CJD), e' negli ultimi anni drammaticamente cresciuto. La domanda e': mangiare carne puo' causare CJD? "La scoperta di una nuova variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob (nvCJD) e la prova sperimentale che la nvCJD e l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) sono causate dallo stesso prione, rende questa ipotesi probabilmente vera", risponde M. Sturzenegger della Clinica universitaria neurologica di Berna, in uno studio pubblicato su Ther Umsch nel novembre '99. Dello stesso parere, M.H. Groschup dell'Institut fur Immunologie di Tubingen: "data la coincidenza di tempo, luogo e malattia e caratteristiche specifiche dell'agente patogeno, si deve assumere che la nvCJD e' causata dalla trasmissione dell'agente della BSE all'uomo".6 L'inchiesta condotta da "Panorama" nel febbraio 2000 rivela: "In Europa e' probabile che da 40 a 100 milioni di persone siano esposte all'infezione da BSE". Tutte le vie del contagio: Dai bovini all'uomo: La BSE, o "mucca pazza" (cosi' chiamata perche' deteriora il cervello) ha un'incubazione lunga. A causarla sono i prioni contenuti in mangimi animali ricavati da pecore malate di scrapie. Due le vie di contagio: carne di bovini infetti e tessuti a rischio come cervello, midollo, timo (animelle). Scarti e ossa non idonei per il consumo umano, avviati a impianti di trasformazione, diventano mangimi per animali, concimi, cibo per cani e gatti (aprile 1990: primo caso di enecefalopatia felina in un gatto siamese, Max,seguito all'universita' di Bristol). Dal siero bovino prelevato da animali vivi si ricavano vaccini. Dal sangue si ottengono concimi. E, da parti specificatamente richieste dall'industria, farmaci. Rischio accertato. Piu' che la fettina di carne, devono fare paura i prodotti (gelatine, salsicce, ripieni) in cui finiscono ossa, midollo, e tessuti nervosi. L'11 gennaio 2000 un Comitato scientifico nominato dalla Commissione europea, insediatosi per valutare il rischio di contagio attraverso gli alimenti, ha presentato scenari inquietanti: se nel processo di produzione industriale di salsicce, p‰te', gelatine e ripieni finissero solo 20 kg. di carne infetta, si esporrebbero al rischio di contagio da 225mila a 1 milione 125mila persone.

MAIALI Intelligenti e giocherelloni, di intelligenza paragonabile a quella dei cani - e forse superiore -, in condizioni inidonee i maiali stressati tendono a mordersi la coda, che quindi vien loro tagliata, "smozzata", insieme coi denti e con le orecchie. Le scrofe vivono recluse e immobilizzate, ridotte a partorire, esser private dei piccoli, per poi essere inseminate di nuovo e cosi' via, fino ad esaurimento. Grazie a metodi di allattamento artificiale, il roseo maialino viene svezzato 6-12 ore dopo la nascita. Possono morire di PSS, Porcine Stress Syndrome, "stress, rigidezza, pelle a chiazze, affanno, ansia e morte improvvisa". Spesso si azzoppano sui pavimenti, a rade assicelle per far passare gli escrementi. Gli odierni suini da carne vengono letteralmente schiacciati dal loro stesso peso, le ossa, le articolazioni degenerano e spesso le bestie perdono l'uso degli arti posteriori, ipertrofici.

Un'inchiesta di Giuliano Ferrieri, pubblicata con sorprendente preveggenza dall'"Europeo" nel 1991, elencava (in sintesi) quel che si trova in una fettina di carne: - Ormoni - Antibiotici - Fattori di crescita - Virus - Beta-bloccanti - Ritardanti tiroidei - Psicofarmaci - Pesticidi

Uno studio pubblicato nel novembre '99 ha verificato che, su 158 campioni di salsiccia cruda comprati nei supermarket di Dessau nell'arco di 4 mesi, nel 9% di essi si e' riscontrata la presenza di una tossina prodotta dall'Escherichia coli (VTEC).

CONIGLI Ora tocca ai conigli. Nel novembre del '96 il mercato della carne di coniglio ha subi'to un tracollo, per la presenza di carni contaminate da un farmaco, l'Olanquidox, usato contro forme infettive. A meta' giugno '97, ventimila conigli sono stati sequestrati a Perugia: i mangimi utilizzati conterrebbero sostanze chimiche del tipo Carbadox, ammesse sino allo svezzamento nell'alimentazione dei suini, ma severamente vietate per le altre specie animali da carne. I Nas risalirono al mangimificio della zona di Perugia che aveva prodotto, a quanto pare, mangimi in modo difforme rispetto a quelli richiesti. Fu vietata la vendita dei conigli.

Il Carbadox viene utilizzato nella profilassi delle enteriti batteriche e, se la positivita' delle carni e' elevata puo' rappresentare un pericolo per la salute a causa degli effetti tossici. "Alcuni prodotti tossici - precisano al servizio veterinario dell'Istituto superiore di sanita' - sono eliminati entro un periodo abbastanza lungo, circa un mese. Se la macellazione e la consumazione delle carni avviene prima, e' probabile rilevare condizioni di tossicita'". Ma mentre la carne al clembuterolo determina, appena ingerita, sintomi precisi (cefalea, tremori muscolari, tachicardia, ansia), la carne di coniglio trattata con farmaci usati contro malattie epidemiche non determina alcuna sintomatologia, ma potrebbe dar luogo a intossicazioni croniche.

C'e' un altro veleno che ammorba la carne di coniglio.

Si tratta di avvelenamento mentale. Vedete i conigli spellati appesi alle vetrine delle macellerie o raggomitolati nelle vaschette di plastica dei supermercati, che vi guardano con gli occhietti neri? Dannazione, non sembrano feti umani?

GALLINE E POLLAME Alla nascita, i pulcini maschi vengono "scartati", gettati via e tritati vivi. Gli animali allevati, chiusi in gabbie strettissime, si strappano le piume e si mangiano a vicenda (cannibalismo) in accessi furiosi. Per quanto concerne le galline: irradiate con infrarossi, sottoposte alla ghigliottina dello "sbeccamento" (taglio del becco), bioritmi alteratiio da cicli notte/giorno artificiali, alimentazione forzata con pastoni fatti col loro stesso guano, con scarti alimentari, residui d'ogni genere e di provenienza incontrollabile.

Nei mangimi dei polli e dei maiali belgi sono stati trovati PCB (bifenile policlorurato) - come mangiare insalata di pollo condita con olio di macchina usato! -, altamente tossici e cancerogeni: la loro diffusione e' responsabile dell'aumento di gravi malattie in quanto i PCB si accumulano nella catena alimentare.

Gli animali sono cosi' malati che devono essere praticate ininterrotte terapie antibiotiche, tanto violente ed invasive che un veterinario d'una USSL testimoniava di aver dovuto imporre un "blocco " all'uso di antibiotici in un allevamento industriale: risultato devastante, 20.000 polli morti in pochi giorni. OCHE Il prelibato p‰te' de foie gras e' cosi' ottenuto.

Alle oche viene tagliato il becco, inutile intralcio all'alimentazione. I loro piedi palmati vengono inchiodati al pavimento, e si procede poi ad agevole ingozzatura forzata di 2,7 kg al giorno di un'untuosa pappetta salata con un lungo imbuto che penetra giu' nell'esofago, oltre la sacca dell'ingluvie, fin dentro lo stomaco ghiandolare - operazione traumatica, causa di ulcerazioni - facendo loro sviluppare abnormi, malati, deformi fegati ipertrofici: insomma si provoca la steatosi epatica. Sul "Corriere della Sera" del 23 dicembre '98 leggiamo e trascriviamo: ""Unione Europea, in pericolo il "foie gras": "Metodo di produzione dannoso, va cambiato". Potrebbe essere l'ultimo natale in cui i "gourmet" potranno aprire i loro cenoni con il buon vecchio "foie gras". Dipende dagli scienziati dell'Unione Europea e, soprattutto dalle conseguenze dei loro studi. Un'indagine sul metodo di produzione della prelibatezza- ottenuta dal fegato di oche e anatre forzate a ingollare granaglie attraverso una sonda inserita in gola due volte al giorno- ha concluso che "l'alimentazione forzata cosi come viene condotta e' una minaccia per la salute dei volatili". Gli scienziati hanno sollecitato i produttori di "foie gras" ad adottare sistemi d'allevamento e nutrizione piu' appropriati: un cambiamento drastico che rischia di seminare scontento e rabbia soprattutto in Francia, maggiore produttrice. Per ora si tratta di raccomandazioni non vincolanti. Il vero problema si presenterebbe per produttori e buongustai se i Quindici decidessero di adottare lo studio e le sue conclusioni come base per una ridefinizione legislativa della materia. Il metodo seguito ora produce un ingrossamento del fegato di anatre e oche fino a dieci volte le dimensioni normali. Dopo la macellazione il fegato viene venduto non trattato o in forma di pate'. Secondo gli scienziati, una soluzione "estrema" sarebbe il bando alla produzione importazione e vendita di "foie gras" prodotto attraverso l'alimentazione forzata.

CARNI BIOLOGICHE. Nei mercati si sono diffuse, a un prezzo piu' alto, le carni confezionate che sulla confezione riportano la garanzia di provenienza da "verdi pascoli", "allevamenti naturali" e simili. Indirizzare la propria scelta su quelle. Q Non farsi ingannare dai disegni di prati virenti, cieli azzurri, simboli ingannevoli. Sulle confezioni deve essere indicato e spiegato chiaramente dove e come sono stati allevati gli animali. Un'indicazione (pero' sommaria e non decisiva) che puo' far scattare l'allarme e': "prodotto nello stabilimento di [...]" - tale dicitura indica probabilmente un allevamento intensivo. e' possibile richiedere ulteriori ragguagli presso il banco "assistenza clienti" dei supermarket, o scrivendo ai produttori, comunicando loro la propria intenzione di servirsi esclusivamente da aziende che rispettano gli animali e la salute dei consumatori.

Approfondisci: Salute in otto punti.

Cioccolato.

Oltre alla beffa, anche il danno. Cosi' si puo' riassumere il contenuto della nuova direttiva sul cacao e la produzione di cioccolato in vigore in Europa nel marzo 2000. e' stata autorizzata l'aggiunta del 5% di "materia grassa vegetale", diversa dal burro di cacao, nella produzione del cioccolato. Per produrre il cioccolato, nell'Unione Europea, si usavano normalmente il 35% di materia secca di cacao e circa il 20% di burro di cacao. Cio' significa che il cioccolato che mangeremo sara' fatto piu' con additivi vegetali che con cacao, con conseguenze immediate sull'andamento delle esportazioni di cacao di molti paesi africani e sulla qualita' finale del prodotto che noi, consumatori europei, compriamo.

La direttiva e' una colpo durissimo alle economie di molti paesi in via di sviluppo, soprattutto africani: rappresenta infatti una riduzione di almeno 120mila tonnellate della domanda mondiale di cacao. Un incubo per il futuro di intere nazioni, come la Costa d'Avorio, il Ghana, il Camerun, solo per parlare dei principali stati produttori. La decisione e' inaccettabile non solo per i nefandi effetti che avra' su molti paesi africani, ma e' anche un raggiro per i consumatori, che si troveranno di fronte a un cioccolato meno vero e piu' insapore: il burro di karite', l'olio di palma, l'illipe' o, ancora peggio, i grassi transgenici non possono degnamente sostituire il cacao.

Per prima cosa, mettiamo a posto i numeri: quel 5% di "altra cosa" che e' stato autorizzato, in realta' e' uno specchietto delle allodole. Si', perche' la percentuale e' riferita alla sostituzione di quel 19% di burro di cacao che oggi si utilizza: dunque, la verita' e' che la percentuale finale di sostituzione sara' compresa tra il 20% ed il 25% del prodotto finale. Un altro importante problema legato alla direttiva e' che questa percentuale non puo' essere controllata esattamente, perche' i grassi vegetali contengono enzimi estremamente difficili da individuare, facilmente spacciabili per burro di cacao. Dunque, nessuno puo' assicurare che la sostituzione del burro di cacao non avverra' in quantita' ancora piu' forti da quelle autorizzate dalla proposta di modifica della direttiva.

E' stato fatto un discutibile favore alle multinazionali europee ed americane produttrici di cacao; e' la conferma che lo scriteriato metodo per inseguire il "mitico" mercato comune europeo e' la "riduzione al minimo comun denominatore", la standardizzazione in basso, l'omogeneizzazione verso il peggio, l'appiattimento della qualita'. Fin dagli anni '50 Danimarca, Irlanda e Regno Unito permettevano l'utilizzazione di prodotti alimentari diversi dal burro di cacao nel cioccolato. La direttiva europea del '73 li esentava percio' dal conformarsi alle tradizioni alimentari degli altri stati membri europei, che invece fissavano ad una soglia minima del 19% la quantita' di burro di cacao da usare nel cioccolato ed i suoi derivati. Con adesioni successive (1981, 1986 e 1995), a quei tre paesi, entrati in Europa nel '73, si sono aggiunti anche Finlandia, Austria, Portogallo e Svezia, abituati ad avere un cioccolato di minor qualita', creando cosi' una disparita' nel mercato interno tra chi, sotto il nome ufficiale di cioccolato, usava piu' o meno quantita' di burro di cacao.

Che fare? Spingere per migliorare la qualita'?

Macche'. Uniformare al peggio il mercato europeo del cioccolato! Ecco autorizzato l'uso del 5% di grassi vegetali in piu' nella fabbricazione del dolcissimo prodotto. Perche' e' stata presa quella decisione? Perche', invece, Regno Unito, Danimarca, Svezia e compagnia non sono stati invitati loro ad uniformarsi ad un utilizzo superiore di burro di cacao? Perche' abbiamo dovuto noi adottare un loro costume alimentare e non viceversa?

Presto detto: perche' cosi' le industrie europee che fabbricano cioccolato risparmieranno almeno 200 milioni di dollari in acquisto di cacao. Di che fare felici la Nestle', la Mars, la Philip Morris e la Cadbury, ovvero le quattro multinazionali alimentari che praticamente detengono il controllo mondiale del cioccolato, e che ci rifileranno un prodotto che in realta' sara' molto diverso da quello attuale.

Le "fantastiche quattro" hanno esercitato pressioni a non finire sulla Commissione Europea affinche' decidesse nel senso a loro piu' conveniente.

Le multinazionali ridono, i paesi poveri, e con loro molti piccoli coltivatori, piangono. Drammatiche le conseguenze sulle esportazioni dei paesi produttori, come Costa d'Avorio, Ghana, Camerun, Nigeria, Togo e Papa Nuova Guinea. I governi di questi paesi prevedono un crollo speculativo dei prezzi del cacao a causa della sua temporanea sovrabbondanza iniziale, proprio per la diminuzione della domanda mondiale da parte delle industrie produttrici di cioccolato. Una speculazione finanziaria che, ancora una volta, fara' il gioco delle multinazionali del settore. Eppoi c'e' un aspetto quantomeno ridicolo, per non dire grave: per ogni diecimila tonnellate di perdite nelle esportazioni di cacao da parte dei Paesi produttori (che sono quelli citati), la Commissione Europea dovra' sborsare un milione di Euro in nome degli accordi STABEX contenuti nella Quarta Convenzione di Lome': lo STABEX e' un meccanismo in base al quale l'Europa si impegna a dare soldi ai Paesi firmatari della Lome' IV se crollano i loro proventi da esportazione di alcune materie prime, tra cui c'e' il cacao. La direttiva ha cosi' il grave effetto di peggiorare la qualita' del cioccolato, di ridurre drasticamente le esportazioni africane di cacao, di colpire direttamente centinaia di migliaia di coltivatori come quelle 600/700.000 famiglie che in Ghana e Costa d'Avorio vivono dei proventi di cacao, di costare al bilancio comunitario (dunque a tutti noi) tra i 150 ed i 200 miliardi di lire. Un piccolo capolavoro.

La Commissione Europea ha cercato di indorare l'amarissima pillola nascondendosi dietro una foglia di fico: e cioe' che i sostituti del cacao utilizzati sarebbero comunque di provenienza africana, e che percio' i disastri per loro sono limitati. Ma non fateci ridere! I sostituti del burro di cacao sono tre: i "Cocoa Butter Equivalents CBE" (olio di palma, illipe', karite' o kokum), i "Cocoa Butter Replacers CBR" (olio di soia, olio di semi di cotone, olio di palma non-laurico) e i "Cocoa Butter Substitutes CBS" (olio di cocco).

I grassi vegetali possono provenire da piante manipolate geneticamente, i cui contratti di coltivazione riducono i contadini allo stato di servi della gleba, a favore delle multinazionali detentrici dei brevetti sulle piante transgeniche. Inoltre, non si conosce l'impatto sulla salute umana e sull'ambiente delle piante provenienti dall'orto di Frankenstein. L'unico vero sostituto in grado di coinvolgere i paesi poveri sarebbe il karite'. Ma il burro di karite', pagato all'origine prezzi ridicoli (nel 1993, le importazioni di karite' in tutta la Comunita' provenienti dai paesi di Africa, Caraibi e Pacifico sono ammontate a sole 144 tonnellate, pari alla risibile cifra di neanche cinquanta milioni di lire! Nel 1994, il Benin ha esportato karite' per la cifra di venti milioni di lire!), viene poi negoziato nei mercati borsistici di Francia, Regno Unito, Danimarca e Giappone, con prezzi decuplicati o centuplicati, a seconda della spinta speculativa del momento. Eventuali esportazioni di karite', inoltre, non farebbero il bene dei paesi poveri, perche' le uniche industrie di trasformazione alimentari di quel prodotto hanno sede in Giappone, Regno Unito, Olanda, Danimarca e Svezia. Ancora multinazionali, come la Unilever, la Karlshamas, la Van De Moortele, la Aarhus e la Noble&Therl. Per quanto riguarda l'olio di palma, le importazioni nel 1994 nella Comunita' sono ammontate a circa 1.7 milioni di tonnellate, pari a novecento miliardi di lire: importazioni pero' che provengono dal Sud Est Asiatico.

Lo stesso documento interno riservato della Commissione, ammette a pagina sette, che tali sostituti "sono ristretti ad alcune compagnie europee o multinazionali" euro-americane, e che la sostituzione del 5% del burro di cacao "avra' un impatto negativo molto forte sul numero di persone impiegate nella catena di produzione del cacao": un modo elegante per dire che nei paesi in via di sviluppo ci saranno numerosi licenziamenti e molte industrie produttive andranno in rovina.

Dolcificanti.

Dello zucchero comune (saccarosio), estratto dalla barbabietola da zucchero e raffinato, sconsigliamo l'assunzione in quantita' eccessive: favorisce l'insorgenza di malattie del metabolismo, di diabete, ed e' il primo responsabile delle carie. Il suo saccarosio e' piu' nocivo perche' non viene diluito durante la masticazione dalla ptialina salivare.

Lo zucchero di canna grezzo e' preferibile: di gradevole aspetto e sapore, contiene anche una certa quantita' di salutare fibra che, non assimilata, ritarda l'assorbimento da parte dell'organismo.

Si trovano in commercio altri dolcificanti naturali: fruttosio zucchero contenuto nella frutta e nel miele; mannitolo E421, si trova in varie specie vegetali, tra cui i funghi; sorbitolo E420, della classe dei polialcoli, si trova in piante e frutta. Possibile azione lassativa; xilitolo E967, anch'esso della classe dei polialcoli. Attenzione invece ai...

DOLCIFICANTI SINTETICI. Ottenuti per sintesi chimica, non si ritrovano in natura. Hanno un valore nutritivo praticamente nullo. In Italia l'uso dei dolcificanti sintetici e' consentito solo per i prodotti dietetici autorizzati dal Ministero della Sanita'. Il piu' costoso e' l'aspartame. Esso e' pero' sospettato di essere, in individui sensibili, causa di diversi effetti collaterali, emicrania, reazioni allergiche... Tranne l'aspartame, tutti i dolcificanti artificiali, compreso l'ultimo nato, l'acesulfame-K, vanno a toccare i delicati meccanismi di controllo dell'insulina, causando un aumento della sua produzione (azione insulinotropica).

Recenti ricerche in vitro lo confermano: l'acesulfame-K produce un aumento nel rilascio di insulina, associato a un potenziale genotossico e una significativa clastogenotossicita'. La conclusione e' che l'acesulfame-K dovrebbe essere assunto con cautela. Sconsigliamo poi in via cautelativa: saccarina E954, l'edulcorante piu' economico (sulfimmide benzoica), si usa nella forma del suo sale di sodio (saccarinato di sodio). Pura, ha un sapore sgradevolissimo, quindi viene miscelata con ciclammato. Non fidarsi e' meglio.

Se proprio vogliamo usarne, atteniamoci almeno alle dosi massime giornaliere indicate dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita'): saccarina 16 pastiglie/giorno o 6 ml; comunque non superiore a 2,5 mg per kilo di peso corporeo ciclammato 16 pastiglie/giorno o 6 ml. aspartame ca. 3 g/giorno

Raccontiamo infine un breve apologo. C'e' un dolcificante naturale che viene estratto dalle foglie di stevia, un pianta che cresce rigogliosa in tutto il Sud America, in una parte dell'Asia e anche in California. Le comunita' indigene del Brasile e del Sud America si tramandano il suo uso, probabilmente da secoli, come valido aiuto alla digestione e come alimento benefico. Dolcifica 300 volte piu' dello zucchero, ed e' riconosciuto non solo come perfettamente atossico, ma addirittura benigno e ricco di proprieta' benefiche. Ebbene, negli anni '80 in America inizio' a diffondersi: ma dall'86 all'89, senza alcun preavviso, gli agenti dell'FDA iniziarono a fare irruzione nei magazzini delle aziende che ne principiavano l'uso, e hanno sequestrato tutti gli stock. Nel 1991, l'FDA ha bandito le foglie di stevia. Noi, in Europa, ne abbiamo mai sentito parlare?

Dadi per brodo (e glutammato monosodico)

E' una delle sostanze che compongono i dadi per brodo, aggiunte ai minestroni preparati industrialmente, o per dare sapore di carne. Il glutammato (E620-621) e' estratto dalla melassa, e' usato senza precauzioni, ma e' risaputo che causa problemi che vanno dal mal di testa alla diarrea allo stato confusionale... e' imputato di citotossicita' ed e' fortemente sospettato di indurre asma e disturbi alimentari. Addirittura interferisce con l'equilibrio dei neurotrasmettitori. E' universalmente noto, accettato e indiscutibile che ad alte dosi puo' avere effetti negativi sulle funzioni cerebrali. La querelle sta tutta qui: in quali dosi? e ha effetti a lungo termine, con assunzioni costanti di piccole dosi? Altri pensano che causi disturbi digestivi, mal di testa e nausee, reazioni allergeniche; insieme ad altre sostanze chimiche (messe ripetutamente sotto inchiesta da diversi organi scientifici, tra cui il British Medical Journal) e' corresponsabile di ipertensione, ipercolesterolemia e "common diseases" in catena con i pesticidi diffusi nel terreno, gli agenti antimuffa della farina, i coloranti, i conservanti - un vero cocktail di sostanze chimiche potenzialmente tossiche se addizionate l'una all'altra nel cibo. Consiglio: stare attenti ai cibi contenenti glutammato monosodico (o glutammato di sodio, e' lo stesso).

Esistono in commercio dadi vegetali al 100%, anche granulari, senza glutammato. Le migliori zuppe di verdura, i migliori minestroni, sono quelli che non hanno bisogno del glutammato monosodico per "esaltare" il proprio sapore.

ESTRATTI PER BRODO. Altro componente dei dadi, che possono contenere, secondo il DPR 30/5/1953 n.567, il 5% di "grassi". L'unica cosa che l'art.18 raccomanda e' che "il grasso impiegato nella preparazione dei dadi dev'essere commestibile". Meno male.

Sapete, per la preparazione dei prelibati dadi da brodo, oltre ovviamente a sostanze in putrefazione e residui vari, cosa la legge si e' preoccupata di vietare? L'uso di crisalidi del baco da seta! Impensabile! Chissa' da chi o che cosa il legislatore ha tratto ispirazione... Comunque, l'estratto per brodo, tra gli altri due componenti principali dei dadi industriali (estratto di carne, estratto di lievito), e' quello meno raccomandabile, essendo prodotto con innominate proteine vegetali o animali (del sangue, di carne, di pesci...) sciolte o fuse tra loro. Giudizio: Puah.

Etichette.

Impariamo a leggere le etichette! L'Adiconsum ha gia' dato alcuni consigli. Dal 1982 e' obbligatorio per legge che l'etichetta rechi l'elenco degli ingredienti, col loro nome specifico, indelebili, facilmente visibili e leggibili. In attuazione delle successive direttive comunitarie, il governo ha poi emanato il D.lgs. 27/1/1992 n.109, che e' il testo vigente. I prodotti alimentari preconfezionati devono riportare, in lingua italiana: - Nome ("denominazione di vendita": ravioli, polpa di pomodoro, yogurt etc.); - Elenco degli ingredienti (tranne alcune eccezioni) in ordine decrescente secondo il peso; - Quantita' netta o nominale (peso); - Data di scadenza; - Marchio/nome del fabbricante/del confezionatore; - Sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento; - Per le bevande alcooliche, alcool in gradi ("titolo alcolometrico"); - Una dicitura che identifichi il lotto di appartenenza del prodotto (questo timbrino e' importantissimo: i suoi estremi vanno segnalati all'azienda produttrice, all'ASL, ai NAS o a chiunque ci si voglia rivolgere qualora si trovi un prodotto difettoso o immangiabile); - Modalita' di conservazione e di utilizzo; - Istruzioni per l'uso - se necessarie; - Luogo di origine o di provenienza, nel caso in cui l'omissione possa indurre in errore l'acquirente sull'origine o provenienza (per assurdo, "pizza napoli" made in Taiwan). Le etichette che non rispondono a questi requisiti sono spia di una qualche possibile anomalia o difformita' igienico-sanitaria: cioe', c'e' puzza... d'imbroglio. Il 10 aprile 2000 e' entrata in vigore la norma comunitaria sull'etichettatura dei cibi manipolati geneticamente, transgenici.

Hamburger.

In generale, consigliamo di guardare sempre con sospetto alle preparazioni a base di carne o pesce macinati, impastati, poiche' in essi e' piu' difficile verificare la provenienza e la perfetta genuinita' di ogni ingrediente. Figuriamoci poi se la materia prima e' un cadavere (in questo caso, di mucca).

Un hamburger si compone per il 65% circa di carne e per le parti restanti di grassi, zuccheri, aromi e altri componenti. Il grasso bovino ha, rispetto a tutti gli altri grassi usati in alimentazione, il piu' alto ammontare di acidi grassi, dannosi per la salute. Nel grasso si concentrano gran parte dei pesticidi, contaminanti e diossine che il povero animale ingurgita durante la sua breve e triste vita.

Negli hamburger (in americano, beef- burger) negli ultimi anni hanno trovato un po' di tutto: nel febbraio '99 in Michigan e' scoppiata un'infezione di listeriosi che ha ucciso 16 persone e ne ha mandate centinaia all'ospedale in 14 stati americani. e' stato il peggior episodio di una serie di casi di contaminazione susseguitisi nell'arco di sei mesi, dovuti agli hamburger e hot-dog di marchio "Bil Mar". Il Listeria monocytogenes e' un organismo microscopico che, diffuso nell'ambiente, e' innocuo, ma alcuni ceppi particolarmente virulenti possono uccidere i feti, i neonati e i bambini piccoli, gli anziani e i soggetti con sistema immunitario depresso.

Nel '94 il National Food Centre di Dublino, in Irlanda, lo ha trovato negli hamburger e negli anelli di pesce;8 in Corea nel febbraio 2000 si sono accorti che, delle carni importate dall'Occidente, circa il 4% dei prodotti a base di carne bovina, il 19% di carne di maiale, il 30% di pollo, il 4% di latte crudo e il 6% di gelati ne erano infetti.

Un altro batterio famoso e' l' Escherichia coli O157:H7. I batteri EHEC (enterohaemorrhagic E. coli) sono relativamente nuovi: solo dal 1982 sono stati riconosciuti come patologie zoonotiche. I mali causati da questo E. coli O157:H7 vanno da una blanda diarrea liquida a manifestazioni letali quali coliti emorragiche, sindrome remica e purpura trombotica trombocitopenica. Il batterio Escherichia coli STEC produce le Shiga-tossine Stx 1 e 2, tossiche a livello cellulare, causa, oltre che di coliti emorragiche, anche di forme, associate a diarrea, della sindrome emolitica-uremica. e' trasmesso innanzitutto da prodotti di carne bovina, specialmente hamburger, vitelli (il batterio e' isolato in campioni di feci del 50% dei vitelli in tutto il mondo), latte crudo (non pastorizzato), formaggio non trattato e acqua contaminata. Nel 1998, nel mondo, a seconda dei paesi, ci sono stati da 6 a 10 casi ogni 100mila abitanti.

Uno studio inglese (pubblicato sul prestigioso Lancet nell'aprile del '98) associa i casi di infezione prima di tutto al consumo di hamburger nelle mense, poi alle catene di fast-food, infine al consumo di carne fredda (cotta e poi raffreddata, per esempio nelle insalate o nei panini).

Tra l'agosto e il settembre del '97 una gigantesca catena americana si e' trovata nell'incubo della carne contaminata: il Colorado Department of Public Health and Environment ha identificato il prorompere di un'infezione da Escherichia coli O157:H7 associata al consumo degli hamburger. A seguito di cio', la Hudson Foods, produttrice delle polpette incriminate, decise di dar luogo al piu' grande recall di prodotti di tutti i tempi, ritirando dal mercato 12mila tonnellate di hamburger surgelati.

Negli ultimi anni, oltra al gigantesco caso americano, casi non isolati di infezioni si sono registrati in Giappone, in Scozia, a Preston, in Danimarca, in nuova Zelanda, in Finlandia e anche tra i lavoratori dei mattatoi (Lancet, giugno 1997). Tra il marzo e il maggio '94 il Chief Medical Officer di Glasgow lancio' uno Statement di allerta poiche' si e' verificata un'episodio infettivo "ad ampio raggio" da "E. coli 0157, phage type 4, verotoxin type 1 & 2". Lo studio confermo' una significativa associazione tra il consumo di hamburger e la malattia.9 Il Department of Animal Science dell'Universita' del Texas nel febbraio 2000 ha pubblicato uno studio sull'infezione da Helicobacter pylori, un batterio che sopravvive anche nell'ambiente acido dello stomaco umano, e che nemmeno una combinazione di vari antibiotici riesce a debellare del tutto. I "Norwalk-like viruses" (NLVs), la piu' comune causa in America di patologie virus-mediate causate dal cibo, germinano e proliferano di preferenza in prosciutto, tacchino e carne bovina. La Salmonella choleraesuis subsp. choleraesuis ATCC 15790 si abbarbica e si artiglia ai tessuti muscolari e adiposi bovini. In agguato anche il Bacillus cereus. In Argentina (ottobre '99) hanno isolato in diversi allevamenti bovini infezioni da Neospora caninum, trasmissibili dalla madre al feto (con conseguente aborto). Le oocisti (le uova) di Neospora caninum si dovrebbero trovare, come dice il nome, solo nelle feci dei cani infetti.

Infine, nell'alimentazione infantile, una ricerca americana del '94 ha ipotizzato un nesso tra gli hamburger e episodi di carenza di ferro, malnutrizione legata alla poverta', inclinazione all'obesita'. Nel '93 uno studio dell'Universita' di Salamanca ha chiaramente trovato un "uso e spesso un abuso" di anidride solforosa (vedi oltre) e di altri solfiti in hamburger, sia crudi che cotti. Il 62,5% degli hamburger crudi avevano un contenuto di solfiti superiore a 450 mg./kg., un'enormita'. Eppure, nel '97, un altro studio ha confermato l'eccessiva presenza di solfiti, fuorilegge nel 65,38% degli hamburger bovini e di maiale e nel 64,18% di quelli di pollo.

Il National Center for Toxicological Research della Food and Drug Administration USA ha scoperto nel febbraio 2000, col nuovo metodo della "cromatografia liquida con fluorescenza" residui di pericolosa amoxicillina in percentuali dall'84 all'86% dei campioni di carne bovina, dall'86 all'88 % nella carne di maiale, dall'82 all'83% nei tessuti del pollo.

Anche la cottura sprigiona sostanze nocive: i fumi generati dalla frittura di hamburger e pancetta sono stati estratti, testati per la mutagenicita' e analizzati chimicamente: sono mutageni!.11 Ecco i nomi dei tre agenti piu' pericolosi e abbondanti: . 2-Amino-1-methyl-6-phenylimidazo[4,5-b]pyridine (PhIP) era il piu' abbondante, seguito dal 2-amino-3,8-dimethylimidazo[4,5-f]quinoxaline (MeIQx) e dal 2-amino-3,4,8-trimethylimidazo[4,5-f]quinoxaline (DiMeIQx). Lo studio indica senz'ombra di dubbio che questi cibi sono esposti durante la cottura a livelli alti di mutageni e cancerogeni. Un altro studio ha concluso che le Heterocyclic aromatic amines (HAAs), un gruppo di sostanze chimiche formantesi durante la cottura di carne e pesce, sono potenti mutageni e sono sospettati di giocare un ruolo chiave nei tumori colon-rettali.12 Un altro di questi pericolosissimi agenti, di nome N-nitrosopirrolidine (NOPyr), si sviluppa nel bacon e negli hamburger fritti a causa degli antiossidanti aggiunti industrialmente.

C'e' un forte sospetto che negli hamburger preparati industrialmente ci siano parti di tessuto nervoso centrale bovino, che fin dal 1991 erano stati banditi dal consumo umano, e il cui allarme e' stato nuovamente innescato dall'esplosione del caso della"mucca pazza"... L'ultimo appello dei veterinari risale all'ottobre del '99: durante le fasi della macellazione, c'e' il rischio potenziale di una contaminazione delle carcasse bovine con parti di cervello e tessuto nervoso.

Il Center for Diseas Control di Atlanta in Georgia (Usa), l'organo governativo americano che si occupa di salute pubblica, stima che ogni anno negli USA 76 milioni di persone si ammalano, 325000 vanno in ospedale e 5000 muoiono per cibo contaminato da virus, batteri, parassiti, tossine o metalli. Le cifre sono sottostimate: molti casi di malesseri e morti probabilmente causati da cibi infetti non vengono registrati come tali, e i dati possono lievitare del doppio. Campylobacter jejuni, Escherichia coli O157:H7, Listeria monocytogenes, Cyclospora cayetanensis, non erano riconosciuti come causa di morte, neanche vent'anni fa. Cosa ancor piu' grave, i pazienti che si ammalano gravemente o muoiono sono infettati da batteri che sono resistenti a tutti, o a gran parte, degli antibiotici!

Pur non essendo possibile stabilire in quale proporzione le malattie siano in relazione con la resistenza agli antibiotici, quel che e' certo e' che una delle cause di questa resistenza e' proprio l'uso e l'abuso (che in questo caso sono una sola cosa) di antibiotici in zootecnia, nell'allevamento degli animali.

Nel giugno '98 e' stato proposto ricorso all'antitrust per ingannevolezza di una campagna pubblicitaria. McDonald propagandava in un opuscolo, sulle tovagliette e con manifesti il suo cibo come sano e approvato dall'Istituto Nazionale di Nutrizione, in armonia con le LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE ITALIANA. Obbrobrio e raccapriccio! e' come se l'Enichem di Porto Marghera dicesse che le sue polluzioni fanno bene al naso e sono approvate dal Ministero dell'Ambiente! Incredibile. Se non e' pubblicita' ingannevole questa... La cosa paradossale e' che per difendersi McDonald ha detto: "Beh, noi nei nostri volantini NON diciamo proprio che il nostro cibo fa bene, e manco ci sogniamo di dirlo, sono due cose distinte e separate". Testuali parole: "La frase 'la varieta' delle scelte offerte da McDonald's ti consente di rispettare una dieta equilibrata', ivi contenuta, non vanta qualita', non fa sfoggio di risultati di analisi e non utilizza caratteri categorici ed enfatici, limitandosi a sottolineare la varieta' delle scelte del menu' McDonald's. La frase vuole fare implicitamente riferimento ai prodotti di stampo mediterraneo, disponibili nei ristoranti McDonald's, presenti nel banco degli alimenti alternativi alla carne"! Ebbene, sapete cosa ha deciso l'antitrust? Ha chiuso l'istruttoria con una decisione di non-violazione! Si puo' leggere il dispositivo del Provvedimento n. 6654 ( PI2136 ) andando su internet, nel sito http://www.agcm.it/find021.htm e digitando "mc donald" nella casella della ricerca. Chi vorra', potra' cosi' soddisfare la curiosita' che puo' innescare una sentenza cosi' strampalata.

(Ulteriore nota peculiare: McDonald sembra impermeabile alle norme dell'AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO. Chiamata in causa altre due volte, il 27 giugno e il 9 agosto 1996, quando presidente dell'autorita' era Giuliano Amato, per ben altre due volte e' stata ritenuta esente da responsabilita').

Ci sono molti altri motivi per nutrire ostilita' verso i mega-produttori di carne e le multinazionali del fast-food. Altre considerazioni si potrebbero fare sulla divorante necessita' di nuovi pascoli e tonnellate di foraggi che aggrediscono la foresta amazzonica, erodono i polmoni verdi, desertificano e inquinano; sulle condizioni dei lavoratori; sullo spropositato consumo di risorse impiegate dall'allevamento (per produrre 1 kg. di carne si usano 12 kg. di cereali e 1.000 litri d'acqua, tutte cose che sarebbe meglio destinare alle popolazioni del terzo mondo, invece che ai disgraziatissimi animali da macello)... Proprio quest'ultimo dato ci da' lo spunto per concludere: se al mondo fossero tutti vegetariani, la fame nel mondo sarebbe sconfitta.

Igiene.

Chi ci protegge dalle possibili (e sempre probabili) infrazioni alle norme igieniche durante il processo produttivo degli alimenti che poi ci mettiamo in bocca? Giudicate voi da questa risposta del puntiglioso avv. Emanuele Montini nell'opuscolo Sicurezza alimentare curato nel 1999 dal Gruppo Verdi del Senato.

Latte.

In tutti i paesi europei le organizzazioni ambientaliste e di consumatori si sono mobilitate contro l'impiego sempre piu' diffuso di ormoni, naturali e sintetici, usati per aumentare la produttivita' delle mucche, che poi si riversano immancabilmente nella bottiglia di latte. Qualche risultato si ottiene, dato che almeno la somatotropina bovina (BST), ricavata da batteri geneticamente modificati, e' stata vietata in ambito UE.

Dobbiamo sempre tenere presente che il latte e' un prodotto di una secrezione ghiandolare di un animale. Qualunque contaminante, ambientale, farmacologico, esogeno, virale, xenobiotico che coinvolge l'animale si riversa immancabilmente nel suo latte.

BURRO. "Avrete notato - scrive Jacopo Fo in un recente e gustoso libro - che il burro italiano ha proprio un altro sapore rispetto al burro tedesco o danese. Non e' che la' le mucche fanno un latte migliore. Il nostro latte e' super. e' il burro italiano che fa schifo perche' non e' burro". Questo perche' quello che viene venduto come burro e', in realta', "burro da latte gia' sfruttato". Il burro si dovrebbe ricavare dalla panna del latte prima dell'uso di quest'ultimo per i formaggi. Invece viene fatto con la panna avanzata, si trascina con se' tutte le impurita' della lavorazione (polvere, batteri, anche grumi di sterco) e deve poi essere "ripulito" e nuovamente fuso. Poi viene pastorizzato per uccidere i batteri: cosi' svaniscono pero' anche gli aromi e i profumi naturali. Per restituirgli un po' di colore si aggiunge siero, polvere di latte e fermenti. Si sono avute notizie di sofisticazioni quali l'uso di olio di cocco, di delfino idrogenato, di cotone e di sego e, per abbassarne l'acidita', acido borico e salicilico, l'uso di coloranti (proibiti per il burro) come la tartrazina (E102) e il paradiamminoazobenzene. Optiamo per il burro di alta qualita', oppure per il burro estero.

LATTICINI. Latte verde? Il 22 marzo 2000 la Camera dei deputati ha finalmente licenziato un disegno di legge che rende obbligatorio un colorante verde per latte e latticello destinati alla zootecnia, rendendoli cosi' inutilizzabili per il consumo umano. Ma questo che significa? Evidentemente, ci sono fondati timori che una parte di questi scarti di lavorazione, sottoprodotti e derivati del latte vadano a finire, ridotti in polvere, in creme, latticini e altri alimenti destinati ai nostri supermarket (col nome generico di "proteine del latte", magari). Dobbiamo sperare in un rapido iter della legge.

CREME DI FORMAGGIO. Il formaggio fuso e' una miscela di formaggi non fermentati a sufficienza, o invendibili o avariati, che devono essere resi morbidi e spalmabili. Alcuni produttori usano percio' i pericolosi polifosfati, presenti fino all'1,5%. Evitarli. Mettetevi in preallarme se scorgete la sigla E331. e' il citrato di sodio: la sua presenza come ingrediente indica che e' stato usato per comporre chimicamente prodotti ottenuti da scarti di lavorazione. In una marca di formaggini ce n'era fino al 3%. Fino a qualche anno fa, un antibiotico, la nisina, era onnipresente in questo genere di prodotti: ora non dovrebbe piu' esserci.

Manipolazione genetica
Prodotti da ingegneria genetica

La guerra e' in atto. Le multinazionali premono affinche' i prodotti geneticamente modificati, fatti con esperimenti in laboratorio, siano coltivati e diffusi in tutto il mondo, senza restrizioni, in libero campo, senza etichettatura specifica. Nel '95 l'Unione Europea respinse la "direttiva Frankenstein" per la brevettazione degli esseri viventi transgenici, nel '98 si e' rimangiata la parola. La Commissione Europea ha bloccato agli inizi del '99 la sperimentazione del mais transgenico (BT 176) perche' si sospetta che il suo polline uccida con una nuova tossina alcune specie di animali, tra cui la farfalla monarca. Nel marzo 2000 la Germania ha del tutto bandito questo mais transgenico. Il premier inglese Blair e' a favore delle biotecnologie, Carlo d'Inghilterra e' contro.

Uno scienziato italiano ha proposto per queste pratiche il termine "maltrattamento genetico".

Gaia-Animali&Ambiente consiglia di diffidare dei prodotti transgenici, manipolati geneticamente.

Troppo poco si sa dei loro effetti immediati sull'ambiente e sugli animali (uomo compreso), nulla si sa dei loro effetti a lungo termine: possibili effetti cancerogeni - misurabili nell'arco di decine d'anni - e mutageni: i mutamenti nel corredo cromosomico (nel nostro DNA) richiedono almeno una generazione per manifestarsi, ed "e' solo in quest'ultima generazione che la biosfera e la catena alimentare sono state inondate di agenti chimici iperattivi, summa di tutta la capacita' tecnologica che il mondo ha sviluppato per uccidere esseri viventi" (LAV, 1991).

Inoltre, anche qualora si scoprisse che questa o quella varieta' GM non e' dannosa all'ambiente, agli animali o all'uomo, non esiste, per definizione, un OGM "sicuro". Ogni pianta transgenica o geneticamente modificata puo' produrre nuove proteine mutanti, e ogni nuova varieta' ingegnerizzata andra' sperimentata - come si fa con i farmaci. e il caso Lipobay ci insegna qualcosa.

Di sicuro, la diffusione mondiale di questi prodotti ha un potenziale impatto devastante su:

- equilibrio ecologico. Fino ad ora ogni mutazione aveva subito i meccanismi di selezione naturale che, solitamente, eliminano i nuovi caratteri dannosi. Adesso immetteremo negli ecosistemi mutazioni artificiali le cui interazioni con l'ambiente sono sconosciute;

- biodiversita'. Il livellamento, l'omologazione, la standardizzazione della varieta' genetica degli organismi e' un rischio mortale per la vita sul pianeta, perche' impoverisce la biodiversita', considerata nella Conferenza di Rio del 1992 "patrimonio dell'umanita'";

- catena alimentare. Ogni organismo vivente si nutre di altri organismi viventi, e a sua volta e' nutrimento per altri ancora. L'immissione di un organismo manipolato geneticamente (OGM) potrebbe sconvolgere l'intera catena alimentare;

- salute animale e umana. Gli alimenti modificati geneticamente hanno gia' provocato allergie e decessi tra gli esseri umani. Gli animali transgenici vanno frequentemente incontro a malattie e deformita' che spesso li conducono alla morte.

- ordine economico mondiale. Le sementi transgeniche sono brevettate, quindi i contadini devono pagare i diritti alle industrie produttrici. Non possono conservare i semi e ripiantarli, pena multe salatissime (e la rovina). Ritornano allo status di servi della gleba, privi di diritti. Non sanno cosa stanno seminando.Sono inoltre state create sementi sterili (col gene "terminator") per impedirne la risemina, o semi con un gene che li rende fertili solo se irrorati da una sostanza prodotta dalle stesse multinazionali, in modo che i contadini dipendano interamente dai prodotti e dai prezzi loro imposti. Infine, i Paesi in via di sviluppo, da sempre importatori di tecnologie ed esportatori di materie prime, diventeranno sempre piu' dipendenti dei Paesi industrializzati. Cresce il divario, crescono i profitti. Oggi non ci e' data la possibilita' di riconoscere un prodotto transgenico.

Alcune catene di grande distribuzione dovrebbero impegnarsi ad esporre una scritta per avvertire i consumatori. In Italia, la Coop e l'Esselunga si distinguono attivamente e meritoriamente in tal senso. Ma esistono oggi quattro gravi problemi: 1) l'etichettatura che dovrebbe essere introdotta si riferira' solo al prodotto integro, intero (es.: soia) e non a un suo derivato (es.: amidi, lecitina di soia, olio); 2) in America stanno volutamente mischiando - gia' nei silos dopo la raccolta - partite di cereali naturali con partite di prodotti transgenici. Se questa politica continuera', diverra' quasi impossibile trovare alimenti derivati da cereali non transgenici. Inoltre chi vorra' i cereali naturali dovra' pagarli molto di piu', come accade oggi per i prodotti biologici; 3) le piante transgeniche hanno mostrato la capacita' di diffondersi nell'ambiente, di espandersi, di ibridare specie vegetali simili, di mutare in forme imprevedibili, insomma hanno un carattere aggressivo e invadente; 4) e' difficilissimo scoprire con analisi di laboratorio se un alimento e' stato prodotto con materie prime geneticamente modificate o no; e diventa impossibile in caso di impiego di derivati (la lecitina di soia non ha DNA), i quali pero' potrebbero pur sempre contenere proteine mutanti e tossine.

Insomma, sembra che ad oggi circa 300-400 prodotti in vendita al supermercato possano essere contaminati da ingredienti geneticamente alterati (senza contare che dei 20 milioni di quintali di cereali e legumi che transitano annualmente, per esempio, al porto di Ravenna i 2/3 sono OGM, messi in commercio o trasformati poi in mangimi per gli animali di cui si nutre chi mangia carne; e si consideri che diversi prodotti provengono da trattamenti con microorganismi - fermenti e lieviti - transgenici).

Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche il rilascio di Organismi Geneticamente Modificati (OGM) in ambiente non confinato porta con se' rischi non calcolabili, ma altamente probabili. Innanzitutto non e' stato condotto alcuno studio sui rischi a medio e lungo termine e quindi non e' possibile stabilire le conseguenze quando le mutazioni artificiali si saranno stabilmente inserite negli ecosistemi. Esistono pero' anche rischi immediati: la produzione di proteine mutate14 infatti potrebbe risultare tossica o allergizzante. La resistenza ad alcuni antibiotici utilizzati come markers negli OGM potrebbe trasmettersi anche agli esseri umani, oppure potrebbe verificarsi il passaggio di geni manipolati ad altri microrganismi e questi ultimi a loro volta, ad esempio, potrebbero colonizzare il nostro intestino. Infine gli OGM provocheranno una diminuzione della variabilita' genetica e spesso un incremento del consumo di pesticidi. Ripetiamolo, con le parole della Commissione europea (Raccomandazione del 29 luglio 1997): "la modifica genetica puo' facilitare la sopravvivenza del microrganismo durante il passaggio nell'intestino, e quindi la colonizzazione. Possono cosi' verificarsi effetti antagonistici e sinergici sulla composizione della flora intestinale, che si ripercuotono sulla salute umana".

Invitate il vostro negoziante a informarsi, premete affinche' anche il vostro supermercato si impegni ad evidenziare e distinguere i prodotti biotecnologici da quelli genuini, e a pretendere garanzie dai produttori/importatori. Domande?

- Si', io - interviene il consumatore perplesso. - Qualcuno ci puo' dire se il cibo transgenico fa bene o fa male?

Risposta: NO. Non si sa. A oggi, e sara' cosi' per almeno dieci anni, gli scienziati ammettono onestamente: "non esistono dati scientifici certi".

- Quali prove si devono fare prima di immettere un OGM sul mercato? Sono prove su animali, e su uomini dovrebbero esser fatte quelle allergologiche. Ma e' uno scandalo sommerso: 1) le prove su animali non sono per nulla predittive e affidabili ne' per quanto concerne la tossicita' acuta o a medio/lungo termine, ne' per la cancerogenicita', ne' per la capacita' di provocare malformazioni nei feti (effetti teratogeni), alterazioni nei cromosomi, potenziale clastogeno, potenziale mutageno; 2)le prove su animali "a lungo termine" (!) sono fatte in uno, massimo due anni; 3)in caso di c.d. "equivalenza sostanziale" - cioe' se un prodotto transgenico e' "ritenuto" abbastanza simile a uno tradizionale 15- tuttequeste prove si diluiscono e svaniscono nel nulla! - Chi controlla la sicurezza di questi alimenti? Finora le ricerche, in tutto il mondo, sono state finanziate dalle stesse aziende che poi immettono i prodotti sul mercato. Come ha detto il dottor Forbice nella sua trasmissione su Radio Uno la sera del 7 aprile 2000, "e' come chiedere all'acquaiolo se l'acqua e' fresca". - Ma non ci sono leggi, regolamenti?... La legislazione e' talmente ambigua e generica che anche se lo prevede poi consente immediatamente la scappatoia da un imparziale controllo pubblico. In America, nei campi coltivati con OGM , si vedono girare a braccetto e tirarsi buffetti i pubblici ufficiali della FDA (organismo pubblico) con i delegati della Monsanto (multinazionale bio-tech). In Europa, vedra' la luce nel 2002 una nuova authority sulla politica alimentare. Vedremo.

Insomma, per concludere: oggi, il principio universalmente applicato e' "NESSUNO SA SE FANNO MALE O BENE - INTANTO MANGIATELI, POI FRA DIECI ANNI SI VEDRA'". Approfondisci: Attenzione ai termini.

Olio.

GLI "OLII D'OLIVA" Le bottiglie di "olio d'oliva" in commercio non contengono olio d'oliva. Almeno, non completamente. Per la legge 1407 del 13/11/1960 e' olio d'oliva commestibile quello che contiene "non piu' del 4% in peso di acidita' espressa come acido oleico e che, all'esame organolettico, non riveli odori disgustosi, di rancido, di putrido, di muffa, di verme o simili". Una definizione in via negationis poco entusiasmante. Si faccia allora attenzione alle seguenti denominazioni.

OLIO EXTRA VERGINE D'OLIVA. Ottenuto dalle olive con spremitura meccanica, non chimica ne' d'altro tipo, non ha subito manipolazioni chimiche, ma soltanto il normale lavaggio, la sedimentazione e la filtrazione; non contiene piu' dell'1% in peso d'acidita' (acido oleico) senza alcuna tolleranza; alla denominazione e' preferibile che sia aggiunta l'indicazione della provenienza. Giudizio: OK.

OLIO VERGINE D'OLIVA. Ottenuto meccanicamente dalle olive, non ha subito manipolazioni chimiche; pero' e' un po' piu' acido dell'extra-vergine (non piu' del 4% in peso di acido oleico, cioe' d'acidita'). Giudizio: OK. Solo l'olio di oliva vergine ed extra vergine, grazie alla loro genuinita', possono godere della Denominazione d'Origine Controllata (Reg. CEE n.1915/87 e 2568/91, l.5/2/1992 n.169) e fruire della tutela comunitaria.

OLIO D'OLIVA. Miscela di olii d'oliva vergini con olio d'oliva rettificato (vedi sotto!), purche' non contenga piu' del 2% in peso d'acidita' espressa come acido oleico. Per nulla "piu' leggero " dell'olio extra-vergine d'oliva, e meno genuino. OLIO D'OLIVA RETTIFICATO. Prodotto pessimo, ottenuto dagli scarti non edibili (immangiabili) nocivi della spremitura delle olive, resi commestibili con il processo agli alcali o con diversi processi fisici che in teoria non apportino all'olio modificazioni piu' profonde di quelle apportate dal detto processo agli alcali. Giudizio: Bleah! Ha ragione chi propone di emanare un Decreto: "Da domani le cose si chiamano col loro nome. L'olio d'oliva si chiamera' anche legalmente olio d'oliva e non olio extravergine d'oliva spremuto a freddo. Al contrario quello che oggi viene venduto con l'etichetta olio d'oliva sara' denominato olio di spremitura d'olive gia' spremute ottenuto con solventi chimici poi eliminati con altri solventi chimici e insaporito con aromi di sintesi". OLIO DI SANSA E D'OLIVA. Prodotto ottenuto dalla miscela d'olio di sansa rettificato con olii vergini d'oliva, con non piu' del 3% in peso d'acidita' (acido oleico). e' usato per le focacce e le pizze confezionate in vendita in molti supermarket. Controllate gli ingredienti. Chiedete poi al ristorante se lo usano, in cucina. Giudizio: Puah. OLIO DI SANSA. Olio di infima qualita' estratto dall'ulteriore macinazione e spremitura di cio' che resta delle olive infrante. Il suo residuo purtroppo se lo devono mangiare i poveri bovini d'allevamento. Giudizio: Puah. OLIO DI SANSA D'OLIVA RETTIFICATO. Prodotto disgustoso, ottenuto dall'"olio" estratto con solventi dalla sansa d'oliva e da olio lavato (cioe' ottenuto dal lavaggio con acqua della sansa, i residui delle olive gia' spremute) reso commestibile come per l'olio d'oliva rettificato. Un vero orrore alimentare. Attenzione perche' viene usato in ristoranti, mense e grande ristorazione. Approfondisci: grassi saturi e malattie. Olio di colza. Non prolungare la cottura dell'olio usato per friggere.

Pesce.

PESCI DI MARE "Il pesce grande mangia il pesce piccolo", recita una massima popolare. Ma se il pesce piccolo vive in un ambiente inquinato, il pesce grande mangera' anche quella porzione di inquinamento, che si aggiungera' alla propria. E cosi' via, fino ai pesci al vertice della catena alimentare, i pesci predatori, che in se' accumulano quantita' di sostanze nocive (quali il mercurio, che si assimila, si concentra nella parte superiore del dorso dopo la testa e non si espelle) geometricamente crescenti. Consiglio: diminuire il consumo di pesci predatori (si riconoscono perche' hanno denti piu' grossi) - tonno, pesce spada, anguilla, spigola, storione, scorfano, luccio, razza, rana pescatrice...

Allarme mercurio? Divieto pesce spada. SOGLIOLE "PAZZE". SURIMI.

FRUTTI DI MARE Gli italiani ne consumano circa 20.000 tonnellate all'anno, ma si sa che vongole e cozze sono ad alto rischio sanitario. Ogni mese vengono sequestrati almeno 4.000 kg di cozze. La situazione produttiva e' scandalosa: 2/3 degli allevamenti sono illegali, per motivi che spaziano dal lavoro nero alla carenza di garanzie igieniche. I pescatori sono scatenati, demoliscono le rocce anche con i martelli pneumatici - rovinando le coste - e non si preoccupano di pescare in posti vietati, come ad esempio l'inquinatissimo canale di Marghera, o di utilizzare sostanze nocive (il rame, collocato negli anfratti, rende gli stessi anfratti per sempre inavvicinabili). Senza contare il danno all'equilibrio ecologico: i ricci di mare stanno per scomparire, e nel dicembre '99 il verde Pecoraro Scanio, allora Presidente della Commissione Agricoltura della Camera, ha lanciato l'allarme: anche i "capperi di mare" si stanno estinguendo.

Purtroppo risulta impossibile per i commercianti all'ingrosso controllare l'indotto e l'eventuale evasione degli adempimenti fiscali e, naturalmente, sanitari. Per quanto riguarda cozze e vongole, se si desidera acquistarne si verifichi: - l'integrita' della confezione; - la presenza di un "bollo sanitario"; - che siano raccolte in una retina verde; - che siano collocate in ambiente refrigerato. Stranamente, la legge (DM 25/6/1991 Allegato II) consente, per le conserve di molluschi, di crostacei e di condimenti vari a base di molluschi, un contenuto di piombo doppio, triplo (da 2 a 2,5 fino a 3 mg/kg) rispetto alle altre conserve di verdura o ai succhi di frutta.

PESCE D'ALLEVAMENTO. Rischio "sogliola pazza"? I pesci provenienti dai vivai recano lo stesso giudizio negativo che diamo agli animali degli allevamenti intensivi. Il sovraffollamento e' la norma.

L'assunzione da parte dei pesci delle ittiocolture di sostanze sintetiche e preparati farmacologici (specialmente antibiotici) o comunque non naturali e' favorita dalla facilita' di somministrazione (si versano semplicemente nell'acqua).

Si e' ora iniziato a iniettare ai piccoli di salmone ormoni della crescita estratti dal pollo e dal bestiame, accelerando i ritmi della crescita del 50%. Con l'aggravante di un forte impatto ambientale: le acque dei bacini delle ittiocolture sono ovviamente comunicanti con le acque naturali di fiumi, laghi e del mare, e tutti i trattamenti chimici e antibiotici defluiscono automaticamente nelle acque circostanti, con gravissimo danno per l'ambiente e la fauna ittica naturale. In Cile, divenuto da pochi anni uno dei maggiori produttori mondiali di salmoni, si puo' gia' parlare di disastro ecologico.

Inoltre, gli allevatori devono "difendersi" dai predatori naturali: le associazioni protezionistiche inglesi denunciano che ogni anno piu' di 1000 foche e 2000 cormorani vengono uccisi solo dagli allevatori di salmone scozzesi - e circa 5000 aironi negli allevamenti di pesce di tutta la Gran Bretagna.

Le trote, i branzini, le orate, che si trovano nelle pescherie e nei supermarket ormai vengono quasi totalmente da allevamenti, con tutti i rischi sopra evidenziati. Questo dovrebbe preoccupare non solo gli ambientalisti, ma anche i buongustai: il sapore dei pesci d'allevamento, rispetto a quello dei pesci che vivono allo stato naturale, e' deludente. Con l'ulteriore aggravante che il modo per farli riprodurre consiste nel prelevare una femmina gravida di uova, squartarla viva e strizzarla come un calzino, spremendone fuori le uova da far irrorare ai maschi. Orribile. Giudizio: Bleah - Nota di demerito speciale per le trote salmonate. In teoria, la loro carne dovrebbe assumere colore rosato per la dieta a base di cibo pregiato, gamberetti. In pratica, esse vengono sottoposte a un'alimentazione artificiosa a base di coloranti naturali e sintetici, incontrollabili. Attenzione.

PESCE NOSTRANO. In ogni caso, preferire il pesce nostrano, chiedere della provenienza specialmente di vongole e altri frutti di mare. In alcune regioni sottosviluppate del mondo, specialmente nel sud-est asiatico, sono in voga tipi di pesca con sostanze paralizzanti, cianuro e veleni del genere. Dal 10 agosto 1998, a seguito di una segnalazione circa prodotti della pesca provenienti dallo Sri Lanka accompagnati da certificati sanitari falsi, il Ministero della Sanita' dispone che tali prodotti siano sottoposti a stretta vigilanza,soprattutto per quanto attiene alla certificazione sanitaria. Inoltre i rischi igienici aumentano, in caso di tempo di trasporto prolungato. Informarsi.

 

 

 

PESCE SURGELATO. La "catena del freddo" che per motivi igienici non dovrebbe mai interrompersi e' invece, in ogni fase della commercializzazione del pesce (dalla pesca al supermarket), esposto a sbalzi ineliminabili. Inoltre, girando per alcuni mercati del Sud Italia ci si puo' imbattere in container di pesce surgelato esposti al sole o all'aria aperta.

I surgelati hanno un costo energetico superiore di 2,5 volte rispetto all'equivalente fresco, lo tenga presente chi ha una coscienza ambientalista.

 

Radiazioni.

I raggi gamma provenienti da fonti radioattive sono un metodo, permesso dalla legge italiana, per impedire a patate, aglio e cipolle di germogliare dopo la raccolta. Incredibile. Il DM 30/8/1973 dice che gli ortaggi possono essere sottoposti a sorgenti radioattive di Cobalto 60 o, peggio, di Cesio 137 (scandaloso: e' il contaminante che si trova ancora nel liquido amniotico delle donne intorno a Chernobyl! Infatti in America il cesio 137 non viene assolutamente usato, non vogliono averci niente a che fare), e che la dose di radiazioni assorbite dai vegetali dev'essere compresa tra 7500 e 15000 rads.

Svariate fonti scientifiche definiscono la tecnica perlomeno discutibile, affermando che cio' causerebbe alterazione di amminoacidi e sviluppo di tossine; e dalla Russia giungono voci che gia' l'assunzione di alimenti irradiati con 10000 rads e' causa di mutazioni genetiche e malformazioni congenite. e' falso che le radiazioni attraversino i prodotti senza lasciar traccia di se': prima di tutto, se cosi' fosse, a cosa servirebbe il trattamento radioattivo? Qualche effetto lo devono pur avere. Poi, le ricerche 1) su vegetali, 2) su disgraziatissimi animali e 3) nell'area di Chernobyl parlano di "rottura del DNA", "proteine mutanti" e cosi' via...

Non e' tutto: l'Unione Internazionale Consumatori avversa l'uso delle radiazioni anche per motivi economici, per non aggravare (con complicatissimi ragionamenti macroeconomici che qui non riportiamo giacche' non li abbiamo capiti) il divario tra il nord e il sud del mondo.

C'e' solo una cosa da fare: visto che, per legge, le verdure radioattive devono recare sulle confezioni la dicitura "a caratteri chiaramente visibili e indelebili" "patate (o cipolle o agli) irradiate a scopo antigermogliativo", l'unico effetto che avranno su di noi sara' quello di respingerci.

Nota. Le erbe aromatiche essiccate, le spezie e i condimenti vegetali sono frequentemente contaminati e/o infestati da organismi e loro metaboliti nocivi per la salute pubblica; tale contaminazione e/o infestazione non puo' essere trattata con fumiganti quale l'ossido di etilene a causa della potenziale tossicita' dei loro residui; dunque, la Commissione europea dice che per esse "l'impiego di radiazioni ionizzanti" e' mezzo efficace per sostituire le suddette sostanze.

In America, poi, si sta inaugurando la pratica di sottoporre anche la carne alle radiazioni, per "pastorizzarla". Anche qui in Europa presto arriveremo a questi eccessi. Noi esigeremo che venga scritto tutto, sulla confezione.

Salumi.

Giudizio negativo per gli additivi sintetici di cui sono farciti. In alcuni casi e' percepibile il sapore proprio degli agenti conservanti. Essi non solo distruggono le gia' poche vitamine della carne, ma aggrediscono le mucose del nostro stomaco. Ecco una breve rassegna di conservanti impiegati nell'industria salumiera.

Tra i piu' usati vi e' il nitrato di potassio, E252; il nitrato e' il sale o estere dell'acido nitrico, un liquido velenoso e corrosivo. Un altro "buon" conservante, di cui si tollera un residuo insolitamente alto (250 mg/kg) e' il nitrato di sodio, E251; viene tra l'altro usato anche per la fabbricazione della dinamite! Il nitrito di sodio, E250, ha invece un processo di produzione inquinante e pericoloso (l'acido e' instabile e forma monossido d'azoto).

Si sappia che nitrati e nitriti sono considerati dalla legge (DM 13/1/1993) "sostanze contaminanti o indesiderabili".

Usati per mantenere il colore rosso delle carni e per inibire la crescita del temibile botulino, sono terribilmente "sospetti", dando luogo alla formazione di sostanze cancerogene, colpevoli di danni ai reni, vengono anche ritenute corresponsabili di danni alla muscolatura. Possono afferire alle patologie del colon, influenzano la fermebntazione nei processi digestivi nello stomaco, aumentano l'assorbiemnto di sodio da parte del colon e partecipano alla formazione dei composti N-nitrosi. e' dalla meta' degli anni '70 che i livelli di nitrati e nitriti nei cibi sono sotto osservazione: i risultati sono altalenanti, in prosciutto cotto, in salsicce e in altre delicatessen i livelli sono ancora troppo alti. Nitrati e nitriti vengono utilizzati per la conservazione di insaccati (salame, prosciutto cotto e crudo, mortadella, lonza, pancetta) e carne in scatola in genere.

La loro elevata tossicita', superiore a quella di qualunque altro additivo, e' stata ampiamente dimostrata dalla scienza, e nessuno e' riuscito ad affermare il contrario. Tuttavia essi non sono stati banditi in nessun paese del mondo, nemmeno negli Stati Uniti o in Australia. Nessun governo ha infatti il coraggio di colpire gli interessi delle grandi multinazionali della carne, che continuano ad accumulare profitti a discapito della salute di miliardi di esseri umani, in special modo dei ceti piu' poveri (che come e' noto fanno grande uso nell'alimentazione quotidiana di scatolame, salumi e affettati). Al contempo, viene lasciato che molti produttori di insaccati scrivano sulle confezioni dei loro prodotti la dicitura 'senza polifosfati aggiunti' allo scopo di illudere gli acquirenti sulla genuinita' dei loro prodotti. C'e' tra l'altro una chiara volonta' di inganno nei confronti del consumatore.

Nella vicina Svizzera il nitrito di sodio (E 250, per loro 14.24) e' vietato per salsicce, prodotti di carne trita, pesci, crostacei e molluschi. Il nitrato di sodio (E 251) e di potassio (E 252) sono permessi nei prodotti salmistrati e negli insaccati crudi, ma con fortissime limitazioni. Il nitrito di potassio (E249) e' vietato.

Dentro salami, prosciutti crudi, coppa, pancetta c'e' tutto questo ben di Dio. Si sappia pero' che nel prosciutto cotto si trovano anche polifosfati (fosfati polimerici). Indicati nell'etichetta come "stabilizzanti", si chiamano E450a, b, c, oppure E450, E451: ostacolano la corretta assimilazione dei minerali (specie il calcio e il ferro) dagli alimenti, e la maggiore pericolosita' e' la calcificazione dei tessuti molli, come i reni; possono dare, soprattutto disturbi muscolari, soprattutto ai bambini, e, si sospetta, rachitismo. SALAME Gli insaccati sono, a parere dei nutrizionisti, alimenti da ridurre il piu' possibile. Se il desiderio fosse lancinante, aborrire i salami di tipo super-economico o troppo poco costosi. Per ridurre i prezzi, i produttori di salami hard-discount devono tagliare su qualcosa. Cosa riducono? Il tempo di stagionatura, drasticamente. E come fa un salame ad essere pronto dopo quindici giorni dalla macinazione della carne? Questi malfattori iniettano nei salami un attivatore batterico, una sostanza (c.d. "starter microbico") che favorisce il proliferare dei germi e batteri annidati nelle carni, simulando l'effetto della stagionatura! Pratica abominevole. Giudizio: Argh! Optare per i salami di cui si possa leggere la data d'inizio della stagionatura. Alcuni supermercati hanno iniziato a proporre salami prodotti con metodo biologico, da maiali allevati in semi-liberta', senza additivi chimici. Il costo e' alto, ma sono da preferire senz'esitazione.

PROSCIUTTO COTTO. Il curatore del presente DOSSIER aveva, come insegnante di scuola-guida, un rappresentante di una casa produttrice di salumi. Il quale non mangiava piu' prosciutto cotto. Alcuni prosciutti cotti costano meno del crudo perche' la materia prima sono i prosciutti crudi invendibili, andati a male, o deteriorati. Ritirati dal commercio da appositi "rappresentanti", ricevono prima un lavaggio che li "depura" da vermi, parassiti o dalle difformita' antigieniche, cotti in svariati modi e infine - pratica non adottata da tutti i produttori, quantomeno non con le stesse modalita' - trattati chimicamente con sieri (proteine del latte essiccate e manipolate chimicamente con fosfati o, per esempio, idrossido di sodio che per intenderci e' lo stura-lavandini Niagara(r): "caseinati", DM 24/2/1988 n.149, allegato VI), polifosfati (come stabilizzanti), E450, E451, e additivi organici e di sintesi: gli stessi conservanti e antiossidanti dei salami e, in piu', glutammato monosodico (vedi oltre) come esaltatore di sapidita'... Anche diversi agenti batterici si insinuano in questi salumi: l'ultimo studio sull'argomento, pubblicato nel dicembre '99, denunciava che le carni crude affumicate ottengono il record di microbi Listeria monocytogenes (13,71% dei campioni esaminati), seguite da prosciutto cotto e pancetta.

Consiglio: selezionare accuratamente le marche, privilegiare l'assenza di polifosfati e la minore quantita' di altre sigle sospette. Chi vuole un prosciutto cotto senza alcun additivo pericoloso deve cercarlo di colore grigiastro e non rosato.

Se sull'etichetta e' scritto "senza polifosfati aggiunti" non vuol dire che non ve ne siano: i fosfati polimerici possono formarsi dal riscaldamento (per cottura) di sostanze naturalmente presenti nei tessuti animali.

I famigerati "polifosfati" sono sempre piu' raramente iniettati nel prosciutto cotto, ma attenzione: il loro uso e' ancora diffusissimo nella spalla cotta, che ha aspetto e sapore simile al prosciutto cotto, ma, come dice il nome, e' parte diversa del povero maiale, e costa meno. La spalla cotta e' usata sempre nella preparazione dei toast e dei tramezzini. MORTADELLA Si dice che "chi vede fare la mortadella, poi non la mangia piu'".

Uova.

UOVA INDUSTRIALI. In Italia ogni anno 40 milioni di galline sono detenute in gabbie di batteria per produrre 12 miliardi di uova, e 400 milioni di polli finiscono nella fauci degli italiani. Ma negli allevamenti intensivi l'utilizzo di mangimi scadenti e di prodotti di scarto, economici, per massimizzare il profitto, nonche' la situazione di costrizione in cui si trovano le galline che non possono scegliere il cibo a loro piu' gradito - il migliore - aumentano esponenzialmente il rischio di assimilazione di elementi malsani. Nel loro cibo viene reimmesso il loro stesso guano, i loro escrementi, perche' c'e' dentro ancora qualcosa di "nutriente", e tutto dev'essere sfruttato fino all'osso, per aumentare i guadagni. Poi, per correggere il colore naturale dei tuorli, giudicato troppo "pallido", e rendere l'uovo piu' "appetitoso", spesso gli allevatori aggiungono alla dieta della galline coloranti come il beta-apo-8-carotene (derivato del petrolio), la carafilla, la xantofilla e la tartrazina (E102), che s'aggiungono agli antibiotici e ai residui di pesticidi: ogni tanto, qualche sostanza pericolosa si trova nelle uova, come l'esaclorocicloesano, il quintozene (cancerogeno, ha effetti tossici a livello gastrointestinale, epatico, sugli apparati immunitario e riproduttivo, tossico per la pelle e gli occhi), l'ossitetraciclina (OTC, antibiotico che sviluppa tossicita' cardiovascolare e nel sangue, tossico per la pelle e gli occhi). Come ricordera' chi ha visto i servizi in tv sui "polli alla diossina", le galline d'allevamento in batteria vivono una vita infernale, di stress perpetuo e ininterrotto. Stipate in gabbie metalliche promiscue, hanno a disposizione per tutta la vita uno spazio pari a una mattonella. Per evitare che si becchino l'un l'altra, puo' essere tagliato loro il becco, con metodo cruento. Nei capannoni privi di finestre le povere bestie respirano aria ammorbata dall'ammoniaca dei loro stessi escrementi, non godono mai della benefica luce del sole, ma vengono irraggiate con infrarossi. In molti allevamenti industriali il ciclo notte/giorno non e' piu' di 24h, ma e' accelerato con illuminazione artificiale, affaticando ulteriormente l'organismo degli animali i quali, esangui, a quattro/sei mesi vengono finalmente uccisi per farne carne o dadi. e' impossibile che le loro uova non risentano gravemente di tutto cio'. Si puo' dire che ogni loro uovo e' un'ampolla di fiele, la mestruazione di un animale malato.

UOVA DI GALLINE ALLEVATE IN LIBERTa'. Da preferire assolutamente. Ormai distribuite in ogni supermarket, le galline che le producono hanno una vita assai piu' normale, sana e felice delle loro sfortunatissime colleghe d'allevamento. Le galline libere, all'aria aperta, godono della luce del sole, possono razzolare, scegliere di beccare cibo migliore, camminare, correre, e fare uova migliori, uova "felici". Le vitamine benefiche contenute nel tuorlo, specialmente Retinolo - Vit.A e §-carotene, aumentano notevolmente con una sana composizione del mangime, e il contenuto di colesterolo e' anche piu' basso. Scegliere solo uova di galline libere, oppure quelle di piccoli contadini (si trovano ancora in alcuni negozietti). Giudizio:OK. Nell'incertezza, scrivere al proprio produttore.

Alcune confezioni mostrano uova in cesti di paglia, disegni di galline sorridenti, verdi colline, cesti di paglia e scritte invitanti, quali "uova naturali", "fresche di fattoria" o "di campagna". Chi credono di prendere in giro? Sono bugie usate dai produttori per mascherare la provenienza industriale. La dicitura esatta deve dire che sono state allevate libere e sane: preferibilmente "uova di allevamento all'aperto - sistema estensivo" o anche "uova di allevamento all'aperto", "free-range". La dicitura "uova di galline allevate a terra" significa che sono state allevate al chiuso, per esempio in un capannone, non all'aria aperta (Reg. CEE n.1274/91).

Non fatevi trarre in inganno: le uova vengono etichettate come "ecologiche", "arricchite con vitamine" o addirittura "biologiche" solo per il tipo di mangime dato alle galline... A seguito delle spaventose immagini viste nei servizi tv inerenti allo "scandalo diossina", l'Unione Europea disincentivera', a partire dal 2002, l'uso di quelle infernali gabbie metalliche in cui le galline vengono stipate a forza. Ma non c'e' divieto assoluto...

Vino.

E' ancora vivo, in Italia, il ricordo del vino al metanolo che scoppio' nel marzo 1986 e uccise 14 persone, causando cecita', ricoveri, danni miliardari. Di conseguenza, i controlli sulla non-tossicita' del prodotto furono inaspriti. Non cosi' quelli sulla qualita'. Furono emanate misure d'emergenza ("fantasiosa insalata di disposizioni", secondo i magistrati) eterogenee, non inerenti ai metodi di produzioni ma solo fiscali e procedurali, e non sempre adeguate: alla fine, dopo la mancata conversione di un primo decreto, il secondo (d.l.282 del 18/6/1986) divenne legge (l.7/8/1986 n.462). Ma le norme sono disordinate, il DPR 12/2/1965 n.162 sulla produzione di mosti e vini rimane, a detta degli intenditori, troppo permissivo, e leggete cosa consentono leggi e vari DD.MM.

Sofisticazioni: il record e' di un americano che riusci' a vendere "vino" fatto con alcool denaturato (velenoso!) aromatizzato e colorato. Piu' frequenti sono l'uso di polverine, zuccheri, alcoli pericolosi. Il vino si puo' invecchiare artificialmente con i chip dips, trucioli da infusione che riproducono il gusto del legno delle botti. La legge su DOC e DOCG (l.10/2/1992 n.164) e' inapplicata. Anche i controlli latitano. A proposito ha scritto qualcosa Lionello Rizzatti, decano dei Vigili Sanitari italiani...

Come orientarsi? Ecco qualche buona regola da seguire. Sull'etichetta, bisogna guardare chi e come ha prodotto e imbottigliato il vino. e' bene orientare la scelta verso i vini i cui produttori coltivano le uve sui propri poderi, le mettono loro stessi in botte ed infine l'imbottigliano. Cio' si deduce dalle scritte quali "imbottigliato all'origine da..." oppure "vinificato e imbottigliato da ..." o "vino ottenuto da uve prodotte nelle proprie tenute e imbottigliate all'origine dal viticoltore". Questo significa che l'uva non compie passaggi "strani", non viene raccolta da ogni dove (magari fra gli scarti di altre prime scelte), cosi' come il vino - non trasportato in diversi luoghi (cioe', controlli zero) prima di essere imbottigliato. Il produttore diviene cosi' garante in prima persona della qualita' del vino. Non e' equivalente la scritta "prodotto e imbottigliato in zona d'origine". Anche i piu' seri produttori di vino possono impiegare diversi additivi chimici: dagli enzimi all'acido ascorbico, al fosfato di ammonio, alla kaolina, alla bentonite, all'acido citrico, all'acido tartarico, ai carbonati. Chi ha un vino di cui e' affezionato, e ne e' un gran bevitore, farebbe bene a scrivere al produttore, chiedendo informazioni al riguardo.

E gli acronimi D.O.C. e D.O.C.G.? Per garantire l'alta qualita' dei loro prodotti, alcuni produttori hanno creato dei consorzi indipendenti, dotati di un proprio statuto e di una fortissima capacita' d'imposizione normativa interna e di rigidi controlli, al fine di garantire alti livelli qualitativi per una fascia speciale di prodotti vinicoli, impedendo contraffazioni e sofisticazioni. Ne e' un esempio il "Franciacorta DOCG", o il "Talento". Sull'etichetta la garanzia di questi prodotti appare come un piccolo logo, un simbolino, un marchietto che comprende, generalmente, il nome del tipo di vino (o spumante) protetto o il metodo di vinificazione. Optiamo, se possibile, per il vino d'e'lite (che purtroppo e' solo il 15% della produzione nazionale - il resto e' "vino anonimo"). Esiste anche il vino biologico.

Zucchero.

Lo zucchero bianco, raffinato, e' un puro carboidrato. Non fa male: e' pero' molto energetico, e privo di fibre: e' sicuramente correlato all'insorgenza di carie. Gli zuccheri grezzi, di canna, sono meno cariogeni. Un ultimo suggerimento? Diventare vegetariani...