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nebbia giorgio
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L’effetto serra, col conseguente lento graduale aumento della temperatura media del pianeta, sta provocando la fusione di un parte dei ghiacciai permanenti, sia di quelli continentali, sia, in parte, della gran massa di ghiaccio che è immobilizzato nell’Artide e nell’Antartide. L’acqua che così passa dallo stato solido di ghiaccio a quello liquido si disperde sui continenti e negli oceani; probabilmente alla fusione dei ghiacciai continentali sono associati i flussi di acqua che si manifestano come alluvioni nelle valli; l’aumento della massa di acqua negli oceani può determinare un lento aumento del livello medio dei mari e questo potrebbe portare all’allagamento di molte zone costiere, quelle, per inciso, in cui si trovano molte grandi metropoli, porti, centrali elettriche, fabbriche, raffinerie, insediamenti turistici.
Molti studiosi, nel mondo, sviluppano dei modelli matematici per cercare di prevedere i possibili effetti, anche economici, dei mutamenti climatici, un problema che non riguarda solo l’ecologia, ma i governi che devono (dovrebbero) decidere azioni per limitare le emissioni di gas nell’atmosfera (azioni che comportano costi); abbastanza curiosamente l’effetto serra preoccupa le grandi compagnie di assicurazioni che devono prevedere quanto gli costerà il risarcimento dei danni ad un villaggio costiero o alle strutture portuali allagati dal sollevamento dei mari. Come “sottoprodotto” dell’effetto serra la parziale fusione dei ghiacci dell’Artide fa aumentare il numero di mesi dell’anno in cui è possibile la navigazione della zona di mare al di sopra della Russia. Finora una grande massa di merci --- petrolio, cereali, minerali, legname, prodotti chimici, carbone --- raggiunge l’Europa provenendo dai paesi asiatici come Giappone, Cina, Taiwan, Indonesia, e dalla stessa Alaska, attraverso due vie marittime, entrambe molto lunghe. Una passa attraverso il Pacifico, lo stretto di Panama, e poi l’Atlantico fino all’Europa. L’altra passa attraverso l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano, lo stretto di Suez per arrivare poi al Mediterraneo e al Mare del Nord. Le navi mercantili devono affrontare viaggi di migliaia di chilometri e ogni chilometro percorso fa aumentare il prezzo della merce che arriva ai produttori e ai consumatori. Non c’è quindi da meravigliarsi che ci siano imprese che studiano tutte le possibili vie alternative a quelle tradizionali, pur di risparmiare un po’ di giorni di navigazione. Da alcuni anni a questa parte sta riscuotendo crescente interesse il “passaggio a nord-est”, attraverso il Mare Artico.
Per renderci conto della sua importanza prendiamo un mappamondo e tracciamo con una matita il percorso fra l’Alaska o il Giappone e l’Europa dalla parte vicina al polo Nord, al nord della Russia, e confrontiamo la sua lunghezza con quella dei due percorsi ricordati, attraverso il Pacifico e l’Atlantico, o attraverso l’Oceano Indiano e il Mediterraneo, entrambi di oltre diecimila miglia nautiche.
Il percorso a nord della Russia, lungo il Mare Artico, è molto più corto: appena 6600 miglia nautiche (oltre diecimila chilometri di meno) per andare dal Giappone ad Amburgo.
Un “passaggio a nord-est”, dall’Europa al Pacifico e viceversa, dalla parte del Nord della Terra, fu aperto nel 1878-79 dallo svedese Adolf Erik Nordenskiöld (1832-1901) che, partito dalla Norvegia, raggiunse il Giappone attraverso i mari artici ghiacciati e freddissimi.
Nel Novecento la via del Mare Artico è stata studiata e usata a lungo dall’Unione sovietica per i propri trasporti interni; la Russia e la Siberia sono ricche di miniere di carbone e di minerali metallici e di giacimenti di petrolio, e le materie prime potevano essere trasportate nelle zone industriali interne russe dapprima lungo il Mare Artico e poi attraverso grandi fiumi e laghi.
Con la fine delle guerra fredda questa enorme massa di esperienze ha potuto essere messa a disposizione dei progetti per trasportare le merci russe all’estero o per il traffico di merci dal Pacifico all’Europa settentrionale.
Finora il principale ostacolo è stato rappresentato dal fatto che il Mare Artico è ghiacciato per molti mesi all’anno; le navi mercantili hanno dovuto finora essere affiancate da navi rompighiaccio, nel cui campo i russi hanno lunga esperienza; la lenta fusione dei ghiacci artici per effetto serra sta cambiando la situazione e facilitando la navigazione nel passaggio di Nord-est.
L’uso di tale via, aperta regolarmente dal 1991, comporta a sua volta altri problemi, come pericoli di inquinamento del mare e di zone ecologicamente delicate, e problemi di assicurazioni dei carichi trasportati e delle navi.
Un gruppo internazionale di studiosi da anni sta esaminando i diversi aspetti della nuova via di comunicazione; una grande conferenza sul “passaggio a nord-est” si è tenuta a Oslo, in Norvegia, nel novembre 1999.
L’attenzione per la nuova strada marittima del Nord presenta interesse dal punto di vista economico, ingegneristico e politico, ma è anche importante come stimolo a guardare la Terra nel suo complesso, nelle sue dimensioni dimenticate, come grande sfera ricca di foreste e di ghiacci, di laghi e di deserti, con tante ricchezze ancora nascoste.
Vorrei raccomandare ai genitori di regalare ai loro figli un mappamondo e di guardarlo con loro, immaginando le strade che ci restano ancora da percorrere in questo ventunesimo secolo.
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