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loghinoDi Davide Mazzocco

La compagnia petrolifera era a conoscenza del legame fra combustibili fossili e cambiamenti climatici sette anni prima che questi divenissero di dominio pubblico

I cambiamenti climatici? Una bufala diffusa dagli ambientalisti. Il riscaldamento globale? Pseudoscienza per ingannare i consumatori. Questa la posizione dei negazionisti di fronte ai fenomeni che stanno mutando gli equilibri ecologici del pianeta, dagli oceani alla terraferma. Una e-mail scritta da uno degli esperti del colosso petrolifero, in risposta a una richiesta di informazioni sull’etica aziendale dell’Institute for Applied and Professional Ethics dell’Università dell’Ohio, ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora, provando che, già nel 1981, prima che la questione dei cambiamenti climatici diventasse di dominio pubblico, la Exxon sapeva del legame fra combustibili fossili e riscaldamento globale e sapeva che regolamenti restrittivi sulle emissioni di carbonio avrebbero potuto danneggiare il suo business.

Ma c’è di più. Secondo Greenpeace, Exxon avrebbe speso 30 milioni di dollari per finanziare i negazionisti ovvero gli scienziati pronti a negare i cambiamenti climatici

Exxon si è interessata al cambiamento climatico nel 1981 perché stava cercando di sviluppare il giacimento di gas Natuna al largo dell’Indonesia. Si tratta di un’immensa riserva di gas naturale, che contiene però CO2 per il 70%, ha scritto nella e-mail, pubblicata in un dossier della Union of Concerned Scientists, Lenny Bernstein.

La CO2 va separata dal metano e smaltita in sicurezza, ma nel 1981 questo era un costo aggiuntivo troppo pesante e, per le normative vigenti all’epoca, non richiesto. Ma alla Exxon erano all’avanguardia nella ricerca e sapevano il prezzo che avrebbero dovuto pagare nel momento in cui si fossero diffuse le teorie relative al riscaldamento climatico. Quindi, meglio finanziare il negazionismo: d’altronde che cosa sono 30 milioni di dollari per una compagnia con un fatturato di circa 400 miliardi di dollari l’anno?

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